Per i cultori della fotografia in bianco e nero rimarrà fino
all'11 gennaio a Villa Manin la mostra temporanea sull'opera di Man Ray, curata
da Guido Comis e Antonio Giusa. Non visitatela, però, a cuor leggero – insomma,
non pensate soltanto al Violon d'Ingres: nelle ben diciannove sale sono
ospitate numerosissime fotografie, sia originali che ristampe degli anni '80,
un'ammirevole collezioni di quadri e diverse sculture.
Le prime sale istruiscono brevemente riguardo la vita e la
formazione dell'artista, che vantava amicizie come quella di Picasso, Picabia,
Duchamp (sono presenti opere anche di quest'ultimo, soprattutto concernenti la
sua passione per gli scacchi). Dopo questa introduzione didattica in cui del
fotografo in sé capiamo ben poco, la mostra ci catapulta in un salone buio che
ospita due proiezioni a ripetizione di tutta l'opera filmica dell'artista,
accompagnata dalle musiche di Teho Teardo: probabilmente la sala che merita più
attenzione, se non altro per la durata delle pellicole.
Torniamo poi alla luce (ma non troppo presto: i filmati
meritano), e da qui il percorso si fa un po' caotico, alternando quadri
astratti dai colori smorti a fotografie in bianco e nero effettuate con
meritevole improvvisazione – eccezion fatta per quelle di moda, in cui sembra
addirittura di osservare il lavoro di un artista diverso. Finalmente siamo
introdotti anche alla tecnica della solarizzazione (che consiglio di ricercare
su Wikipedia prima di entrare alla mostra) e della rayografia, ossia
l'unica vera innovazione che questo cosiddetto rivoluzionario ha effettivamente
apportato all'arte contemporanea: riservatevi il gusto di scoprirla in loco,
poiché questa è fortunatamente illustrata a dovere. Interessanti le ultime
sale, in cui finalmente capiamo qualcosa dell'artista: si citano l'arte Dada,
il marchese De Sade, un matrimonio a quattro, e purtroppo compaiono ancora quei
quadri dai colori un po' infelici. Una piacevole sorpresa l'ultimissima sala,
che finalmente propone una disposizione delle opere più ricercata.
Ma per concludere, oltre a consigliare l'audioguida (inclusa
nel biglietto) nella speranza di capir qualche cosa, oso ed esprimo apertamente
il mio giudizio negativo sulla struttura della mostra in sé, piuttosto caotica,
sulle informazioni, scarne, e sulla temperatura dei riscaldamenti, scandinava.
Foto e recensione a cura di Giulia Sermann, 5^I
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