Che Iñárritu si
cimentasse, prima o poi, nel discorso metacinematografico, facendo cioè cinema
che parli del cinema stesso, non era cosa poi tanto imprevedibile. Film come 21
Grams o Babel stupivano per come la complessa struttura narrativa
occultasse la sostanziale povertà di idee, povertà che in Biutiful,
dramma apatico e francamente noioso sulle vite difficili nei bassifondi
spagnoli, toccava picchi difficilmente immaginabili. È comprensibile che si
percorra la via dell'autoreferenza qualora il mondo non abbia più nulla da
dirci, o noi non siamo più capaci di cogliervi alcunché; sperare che questa
virata tematica entusiasmi, a prescindere dalla presenza o meno di un
effettuale apporto di contenuto, è piuttosto ingenuo.
Riggan Thomson – un
tempo eroe della saga di blockbuster Birdman, ora attore fallito
e padre manchevole – cerca il proprio riscatto umano e artistico in un
ambizioso progetto: una pièce teatrale tratta da una raccolta di racconti
di Raymond Carver. Mentre il suo equilibrio psicologico va deteriorandosi (è
una lotta interiore tra il desiderio e la paura di scoprire se si sia davvero
dotati di quella sensibilità propria del grande artista), Riggan dovrà
confrontarsi con un primo attore egotico, una figlia/collaboratrice che lo
detesta e una critica teatrale tanto ottusa quanto pregiudizievole.
Birdman, come si diceva, è
tutto costellato di citazioni più o meno esplicite, di richiami cinematografici
più o meno volontari, quasi fosse un puzzle da ricomporre per lo spettatore
attento. C'è l'artista che vive la sua crisi esistenziale tra attori, critici e
scenografi (un rimando a 8½), c'è il bacio lesbico di Mulholland Dr.,
c'è addirittura un riferimento tipografico, per quanto concerne la sequenza
introduttiva, a Pierrot Le Fou – ma forse ciò che esplicita nel modo più
chiaro come Birdman possa essere compreso interamente soltanto
attraverso i suoi riferimenti metatestuali sono le scelte di casting: Keaton ha
interpretato Batman nei due film di Burton, mentre Stone e Norton hanno avuto
dei ruoli rispettivamente in The amazing Spiderman e Hulk.
Ma vale la pena di
chiedersi se Iñárritu non s'includa nella tessitura di riferimenti, non fosse
altro che per l'analogia che si può tracciare tra gli slanci di Riggan e di
Iñárritu stesso, entrambi protesi verso l'elevamento a una cultura che non sia
popolare (non è forse quello che cercavano, più o meno coscientemente, opere
come Biutiful?). Sembra proprio, in ogni caso, che Iñárritu abbia tentato
una sintesi tra ciò che era e ciò che desiderava essere, e questa sintesi è
proprio Birdman stesso, che compie scelte stilistiche inusuali (raccordo
di piani-sequenza, impiego di steady-cam
e sfumatura del confine tra sonoro diegetico ed extradiegetico) nella vana
speranza di darsi un tono tra il pubblico popolare cui principalmente si
rivolge.
Iñárritu, imperterrito
nella convinzione che chiunque tracci una demarcazione netta tra cultura alta e
bassa – come la critica teatrale interpretata da Lindsay Duncan (difficile non
scorgervi Manohla Dargis, critica cinematografica del NYT) – stia facendo
qualcosa di deplorevole, non intravede proprio che la grandezza del cinema
risiede nella sua ambivalenza, nella sua capacità di farsi sia intrattenimento
sia espressione artistica. Da questo non se ne deduce che chi apprezza l'uno
sia deficiente e chi l'altro sprezzante (come limitatamente ci fa credere lui),
ma che volerne annullare i confini è un'operazione vuota perché non coglie ciò
che di positivo c'è in ognuno dei due significati di cinema – si finisce per
svilirli entrambi e privare il pubblico al contempo del divertimento e della
riflessione.
Ci si sente insomma in
dovere di lodare Iñárritu, quantomeno per essersi dichiarato definitivamente
artista che non vuole prendere posizione, eppure questo non basta per fare del
film quel che se n'è detto, un capolavoro, un'opera-spartiacque, ma nemmeno un
film sufficiente, perché, se Birdman spinge forte sull'aspetto teatrale
e quello drammaturgico del cinema (con, rispettivamente, la prova strabordante
di Keaton e la scrittura metatestuale), altresì dimentica completamente che il
cinema è anche altro, altro che non può essere l'impiego di una steady-cam (come
l'impiegherebbe un regista di pubblicità di profumi) e un piano-sequenza di due
ore. È una sterile ostentazione di tecnica che si impone a chi guardi,
totalmente arbitraria e dunque ingiustificata, a insinuare il dubbio che con Birdman
Iñárritu abbia riconfermato che non ha nulla da dire. Quel che è sicuro è
che non l'ha detto.
Glossario:
raccordo di piani-sequenza: in realtà il film è formato da numerosi piani-sequenza dalla durata di 10' ca.; in fase di montaggio i raccordi (cioè le unioni tra di essi) sono state abilmente celate per dare l'illusione di un unico piano-sequenza di due ore.
steady-cam: è un sistema di
contrappesi che permette la realizzazione di riprese cinematografiche in
movimento garantendo stabilità alla cinepresa.
sonoro
diegetico/extradiegetico: diegetico è il sonoro che è percepito anche dai personaggi
dalla narrazione, extradiegetico è il sonoro che è percepito esclusivamente
dallo spettatore.
Raffaele Indri, 4^L
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