Passa ai contenuti principali

Il fondamentalismo paralizza l'Occidente

Agili, esperti e incappucciati. Nel giro di pochi minuti anche assassini, per quanto definirli così sia talmente riduttivo da sembrare quasi inappropriato. “Allah akbar” gridano i due fratelli Kouachi, fondamentalisti islamici in cerca di vendetta, mentre sparano spietatamente alla redazione del giornale satirico francese “Charlie Hebdo”.
E' il 7 gennaio 2015, giorno che sarà ricordato come il nuovo 11 settembre; la storia si è ripetuta, i terroristi sono di nuovo riusciti a infliggere un duro colpo all'Occidente. Sono 12 le vittime dell'assalto al giornale, che si era macchiato del più assurdo, intollerabile e ingiustificabile crimine: aver ironizzato sul profeta Maometto con delle vignette che lo rappresentavano in situazioni comiche. Immagini assolutamente discutibili, forse un po' esagerate e di cattivo gusto; ma nessun genere di scusa è valida per legittimare un atto così atroce, che ha lasciato sbigottita l'Europa e il resto del mondo. In gioco non vi sono solo i corpi dei giornalisti, ma l'essenza stessa del nostro vivere democratico: la libertà.
La manifestazione dell'11 gennaio a Parigi, Place de La Republique
Un diritto ottenuto con fatica, ma che ha permesso il convivere e l'affermarsi dei valori quali l'uguaglianza, la fratellanza e la giustizia. E' un diritto inalienabile dell'uomo in quanto tale, dalla nascita fino alla morte. La nostra vita perderebbe ogni senso se vi fosse un limite imposto da chicchessia, un ideale comune e forzatamente condiviso, che limitasse le nostre facoltà di pensiero, inglobandole in un'unica e terribile legge: la legge del totatilitarismo, religioso o politco. Ogni giornale è libero di scrivere e pubblicare ciò che secondo il suo Credo ritiene opportuno, senza cadere però nell'affronto, nella calunnia e nella mancanza di rispetto. E se l'enfasi ideologica porta la penna ad un'offesa, è doveroso, con un confronto democratico, criticare e dichiarare “inammissibile” la pubblicazione dell'articolo. Invece no, i seguaci estremisti di Maometto hanno preferito spargere del sangue innocente, colpendo sì il liberismo occidentale, ma insieme anche quasi due miliardi di persone che credono nel loro stesso Dio. “Not in my name” è il motto di tutti coloro che si dissociano, denunciando la crudeltà irreligiosa della strage, dimostrando così che non si può fare di tutta l'erba un fascio, come stanno effettivamente facendo i vari politici pesudo-razzisti per raccimolare qualche voto. Dopo l'attenato si è scatenato un terrore di massa, che rischia di sfociare poi in un odio profondo verso l'islam in generale, un odio vendicativo e impulsivo, inquietantemente vicino ad un sentimento irrazionale estremista. Un politica intollerante, con la soppressione delle moschee, sarebbe un atto di ipocrisia occidentale, con l'esaltazione della libertà di pensiero nella teoria, e l'oppressione nella pratica. Questo non era l'ultimo desiderio dei giornalisti di Charlie Hebdo. Non sono morti per un totalitarismo anti-musulmano. Sono morti per difendere la libertà di opinione, la razionalità della penna contro l'irrazionalità dei kalashnikov.
L'11 gennaio tre milioni di persone sono scese per le strade di Parigi per manifestare contro il terrorismo e il fondamentalismo anti-democratico. Capi di Stato di tutti i paesi hanno camminato, uniti e addolorati da tanta ingiustiza, per far sentire la propria vicinanza allo Stato francese, che in questo momento non è solo francese; è lo stato di ciascuno di noi, lo stato del pensiero nel suo significato più profondo e puro.
“Je suis Charlie”. Una frase con la quale tutti, dai giovani ai potenti burocrati, hanno reso omaggio al giornale parigino. Non senza critiche però; sono arrivate le solite e inutili frecciatine dei vari intelletualoidi anticonformisti, che accusano l'incoerenza di chi utilizza questa frase senza però condividere gli ideali di Charlie Hebdo. Affermazioni così superficiali, in un momento tanto doloroso, non rendono onore alla lotta morale che tutti, chi più chi meno, stiamo intraprendendo dopo questo duplice attentato (allla vita, alla democrazia). Infatti chiunque, che sia di destra, di sinistra, cattolico, ebreo o musulmano puo essere Charlie. Perchè, in questo caso, Charlie non rappresenta l'ideologia politica del giornale francese, ma il suo diritto ad esprimerla, e soprattutto, a pensarla. Un uomo a cui è vietato pensare, a cui è vietato esternare la sua opinione, non è un uomo. Non è Charlie.
Ebbene si, lo possiamo dire apertamente, senza vergogna e timore: “ Nous sommes Charlie”

Luca Picotti, 4^H

Commenti

Post popolari in questo blog

Moonshine, drink it all the time

di Matteo Nigris e Matteo De Cecco 5^G Forti della recente uscita di Carnelian [2015] e della risposta fondamentalmente ottima della critica specializzata, i Kill the Vultures, duo hip hop di Minneapolis costituito da Crescent Moon (rapping) e DJ Anatomy (beat, strumentali), hanno iniziato a marzo un tour europeo che vede come grande protagonista l’Italia, in cui terranno tredici date. Una di queste, grazie al contributo di Hybrida, che si occupa dal 2003 di portare musica dal vivo in zona, è risultata essere proprio Udine, nella programmatica location del bar del Cinema Visionario. Così come il cinema unisce individui dalle più disparate formazioni culturali in uno stesso luogo, così il concerto si è dimostrato essere tutto meno che un’adunanza fra patiti di hip hop: l’11 aprile (dopo un rinvio di una settimana dovuto alla nascita imprevista del figlio di Anatomy) la “fauna” che si riunisce in via Fabio Asquini è quanto mai eterogenea, quasi insperabilmente considerata la nat

Lettera al Messaggero Veneto

Giovedì 2 luglio abbiamo scritto una lettera al Messaggero Veneto in protesta ad un articolo sul Marinelli contenente informazioni imprecise e talvolta inventate, sperando di vederla pubblicata o quantomeno di ricevere qualche spiegazione. Purtroppo non è stato così e non abbiamo nemmeno ricevuto una risposta. Non ci resta allora che pubblicare qui la lettera, dando a tutti la possibilità di conoscere i veri fatti, nella speranza che, complice la viralità del web, si riesca a destare l'attenzione del Messaggero Veneto. Caro direttore, Le scriviamo questa lettera per esprimerle il nostro disappunto a riguardo di un articolo apparso sul vostro giornale domenica 28 giugno e intitolato Maturità 2015, gli studenti del Marinelli: "Udine addio, vado al Politecnico". Già dal titolo si capisce quale sarà il tono dell'articolo, ma il peggio arriva dopo. L'articolo è solcato da una serie di fatti puramente inventati. La Sara intervistata ha solo detto che proverà i

Il Combattente

La storia di Karim Franceschi, un italiano che ha difeso Kobane dall’Isis di Marco Mion 5^C Le sue mani hanno accarezzato volti e impugnato Kalashnikov e i suoi occhi hanno contemplato i sorrisi e i lutti di un popolo che, seppur ignorato dai riflettori internazionali, combatte per conquistare la propria libertà, la pace e la democrazia. Karim Franceschi è uno scrittore e attivista politico di ventisette anni che ha combattuto contro lo Stato Islamico a Kobane tra le fila dei partigiani Curdi. E’ stato ospite d’onore, assieme al giornalista Corrado Formigli, al decimo Festival Internazionale del Giornalismo tenutosi a Perugia, in cui ha presentato il suo libro “Il Combattente”. Ha raccontato in una Sala dei Notari gremita una realtà drammatica con estrema sensibilità, elogiando i valori e gli ideali che scandiscono la vita di questi combattenti. Inevitabile il confronto tra questi uomini e donne e quei partigiani che, insieme alle forze alleate, libera