Quando
sei in quinta e mancano pochi giorni alla fine del liceo, emozioni contrastanti
ti annebbiano la mente. La tristezza di dover dire “addio” a persone e
situazioni familiari si contrappone alla gioia di poter presto affrontare cose
nuove e stimolanti, guardi al passato con nostalgia e al futuro con un misto di
paura e eccitazione. L’esame di maturità incombente, che si affronta con fin
troppi pensieri nella testa, non aiuta. Tali sono le condizioni di instabilità
psichica in cui mi trovo mentre scrivo questo articolo, e perciò non rispondo pienamente
delle mie parole, eccessivamente melense e disordinate.
Cinque anni sono un tempo lungo, soprattutto se costituiscono un quarto della tua vita. Potrei dire che mi ricordo il primo giorno delle superiori ma non sarebbe vero, di quell’anno ricordo poco, e mi pare quasi che si trattasse di un’altra persona. Ricordo invece la prima riunione di Preludio a cui partecipai all’inizio della terza; con me c’era Chiara, venuta lì giusto per accompagnarmi ma che poi non ci ha più lasciati e i referenti, Nicola e Camilla, che mi parevano due tipi un po’ strani, ma in senso positivo. E c’era Carlo, anche lui alla prima riunione, che sicuramente si sentiva fuori luogo quanto me. Eravamo in pochi, ora siamo in 30.
“Perché avete deciso di venire a Preludio?” “Beh, ci piace scrivere”.
E da lì un vortice di momenti che hanno reso questi ultimi anni così speciali. La soddisfazione del primo articolo pubblicato, con la firma sotto. Le assemblee, i 10 minuti della ricreazione che non sono mai abbastanza, tifare al Cernich. Il Natale in giardino con il dj set, e la Pasqua, e l’ultimo giorno di scuola: ogni scusa è buona per festeggiare. Il Carnevale che da noi è preso sul serio: i non mascherati sono la minoranza, e le giornate di giugno all’ombra dell’orto botanico. Gli appunti, le scritte sul banco, e i bidelli pazienti che le hanno cancellate. La follia travolgente dei Mattiammazzo che “ti devasta piacevolmente l’anima”. La gita in Grecia con quei festaioli di L, tra cultura classica e tanta ignoranza. Le notti alzati sino a orari troppo tardi, il giorno dopo in corriera Alexandros raccontava il mito di Morfeo, e noi tra le braccia di Morfeo ci finivamo davvero. La festa delle quinte #SbocciatiAllaMatura, una grande famiglia, la voglia di fare gli immaturi ancora per un po’. Il mondo che ho iniziato a conoscere un articolo alla volta, prima per rigore, poi sempre di più per passione.
Ma più che le esperienze, sono state le persone a rendere questi anni così speciali. Quelle “farde” dei miei compagni di classe, “nella mia classe chiederanno di rimandare anche l’esame di maturità”. E tra questi Pere, Roxy, Gimmi con cui ho condiviso l’aula rispettivamente per 11, 8, 13 anni, una presenza fissa nella mia vita quotidiana, non so come farò il prossimo anno ad abituarmi alla loro assenza. Un pensiero va anche ai rappresentanti, disponibili e impegnati, sicuramente componente attiva della felicitas temporum di questi ultimi anni al Marinelli. Grazie anche ai professori, con metodi diversi ma ugualmente dediti al nostro miglioramento. Ringrazio tutte le persone con cui ho scambiato anche solo una parola, tra cui quelli che mi hanno fermato per qualche opinione sul Preludio: da referente ho fatto il possibile per migliorare il giornale e spero che i miei sforzi non siano stati totalmente vani. A proposito, come non ringraziare gli altri giornalisti? Ne cito solo un paio. Carlo, che nel suo primo articolo sanciva la morte della poesia, eppure in ogni sua composizione che ho avuto il piacere di leggere mi pare confermare che la poesia è ancora viva e pulsante. Luca, che ha superato la dicotomia bomber/intellettuale e ha deciso di lasciarsi alle spalle il vuoto ontologico del Copernico e migrare al Marinelli, dove con la sua abile dialettica ha saputo conquistarci in un climax ascendente di soddisfazioni. E infine Nicola, il Frank Underwood che non sputa sul crocifisso, che nell’ombra mediatica tende i fili dei destini di noi Marinelliani ignari. Grazie per avermi fatto riscoprire la passione per le polemiche, per la politica, per l’Italia.
Grazie di cuore, insomma, a tutti voi che a qualsiasi titolo occupate i corridoi del liceo, compagni di questo viaggio umano e culturale. Apprestandomi ad affrontare l’ultimo scoglio che è la maturità, mi auguro che questi cinque anni passati al Marinelli siano il Preludio a qualcosa di bello anche solo la metà.
Cinque anni sono un tempo lungo, soprattutto se costituiscono un quarto della tua vita. Potrei dire che mi ricordo il primo giorno delle superiori ma non sarebbe vero, di quell’anno ricordo poco, e mi pare quasi che si trattasse di un’altra persona. Ricordo invece la prima riunione di Preludio a cui partecipai all’inizio della terza; con me c’era Chiara, venuta lì giusto per accompagnarmi ma che poi non ci ha più lasciati e i referenti, Nicola e Camilla, che mi parevano due tipi un po’ strani, ma in senso positivo. E c’era Carlo, anche lui alla prima riunione, che sicuramente si sentiva fuori luogo quanto me. Eravamo in pochi, ora siamo in 30.
“Perché avete deciso di venire a Preludio?” “Beh, ci piace scrivere”.
E da lì un vortice di momenti che hanno reso questi ultimi anni così speciali. La soddisfazione del primo articolo pubblicato, con la firma sotto. Le assemblee, i 10 minuti della ricreazione che non sono mai abbastanza, tifare al Cernich. Il Natale in giardino con il dj set, e la Pasqua, e l’ultimo giorno di scuola: ogni scusa è buona per festeggiare. Il Carnevale che da noi è preso sul serio: i non mascherati sono la minoranza, e le giornate di giugno all’ombra dell’orto botanico. Gli appunti, le scritte sul banco, e i bidelli pazienti che le hanno cancellate. La follia travolgente dei Mattiammazzo che “ti devasta piacevolmente l’anima”. La gita in Grecia con quei festaioli di L, tra cultura classica e tanta ignoranza. Le notti alzati sino a orari troppo tardi, il giorno dopo in corriera Alexandros raccontava il mito di Morfeo, e noi tra le braccia di Morfeo ci finivamo davvero. La festa delle quinte #SbocciatiAllaMatura, una grande famiglia, la voglia di fare gli immaturi ancora per un po’. Il mondo che ho iniziato a conoscere un articolo alla volta, prima per rigore, poi sempre di più per passione.
Ma più che le esperienze, sono state le persone a rendere questi anni così speciali. Quelle “farde” dei miei compagni di classe, “nella mia classe chiederanno di rimandare anche l’esame di maturità”. E tra questi Pere, Roxy, Gimmi con cui ho condiviso l’aula rispettivamente per 11, 8, 13 anni, una presenza fissa nella mia vita quotidiana, non so come farò il prossimo anno ad abituarmi alla loro assenza. Un pensiero va anche ai rappresentanti, disponibili e impegnati, sicuramente componente attiva della felicitas temporum di questi ultimi anni al Marinelli. Grazie anche ai professori, con metodi diversi ma ugualmente dediti al nostro miglioramento. Ringrazio tutte le persone con cui ho scambiato anche solo una parola, tra cui quelli che mi hanno fermato per qualche opinione sul Preludio: da referente ho fatto il possibile per migliorare il giornale e spero che i miei sforzi non siano stati totalmente vani. A proposito, come non ringraziare gli altri giornalisti? Ne cito solo un paio. Carlo, che nel suo primo articolo sanciva la morte della poesia, eppure in ogni sua composizione che ho avuto il piacere di leggere mi pare confermare che la poesia è ancora viva e pulsante. Luca, che ha superato la dicotomia bomber/intellettuale e ha deciso di lasciarsi alle spalle il vuoto ontologico del Copernico e migrare al Marinelli, dove con la sua abile dialettica ha saputo conquistarci in un climax ascendente di soddisfazioni. E infine Nicola, il Frank Underwood che non sputa sul crocifisso, che nell’ombra mediatica tende i fili dei destini di noi Marinelliani ignari. Grazie per avermi fatto riscoprire la passione per le polemiche, per la politica, per l’Italia.
Grazie di cuore, insomma, a tutti voi che a qualsiasi titolo occupate i corridoi del liceo, compagni di questo viaggio umano e culturale. Apprestandomi ad affrontare l’ultimo scoglio che è la maturità, mi auguro che questi cinque anni passati al Marinelli siano il Preludio a qualcosa di bello anche solo la metà.
Elias Ngombwa, 5^I
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