Passa ai contenuti principali

Recensione Marzo

Epoche, la scena di un disastro. Quel che resta, terra bruciata, uomini che non sembrano essere più capaci di essere tali. E la guerra. Uno spettacolo che porta lontano, contempla il distante ma necessariamente si fonda sulla vicinanza, sul contatto per lo meno visivo. La danza non è un linguaggio semplice, non vuole farsi capire per vie razionali. Bisogna porsi nell’ottica del non convincersi, della partecipazione attiva alla battaglia. Perché se è nel palco che prende forma la violenza è al pubblico che viene chiesto di giudicarla.
Quanta maestria ci vuole per rappresentare in maniera non banale una semplice storia d’amore, per avere la forza di assediare il midollo della natura umana, la verità degli istinti.
Scenari apocalittici, da fine del mondo; un ossimoro rispetto al titolo dello spettacolo “Marzo”, quasi che alla fine, riducendosi all’essenza, tutto si giochi su un concatenamento di conflitti, amore/odio, umano/inumano,…
la guerra come un motore vorace del mondo, la nudità del nostro essere animale, del viversi a fianco. Perché, dopo tutto, cosa significa essere umani? Cos’è realmente il coraggio?
Si potrebbe incominciare parlando di un’epica della sconfitta, di un uomo che ha smarrito l’onore, di un mondo in cui la dignità era ancora un valore, era tutto. Oppure esplorando l’insensatezza di ciò che rimane dopo che anche le stagioni hanno fatto il loro corso e un cratere solamente rimane a testimonianza di un disagio a cui non si è saputo rispondere in tempo. Certo è che se si dovesse trovare un filo conduttore dell’intera storia, una voce narrante non palesata sarebbe la solitudine.
Cavalieri tristi di epoche distrutte inesorabilmente in cerca di battaglie da combattere, gesta da compiere, deboli e zoppi in vallate lunari dove non c’è nessuno ad offrire loro un senso. Così è questo il paradigma, l’assurdo che tiene in piedi il tutto, una necessita che non trova un oggetto a cui riferirsi, un amore passionale, inespresso senza un soggetto al quale donarsi.
Non si può poi non elogiare la bravura dei coreografi e dei costumisti che hanno lavorato a questo spettacolo, capaci di ricreare sul palco uno scenario delle movenze quasi profetiche, distopiche, incredibilmente suggestive e raffinate.
Insomma un nulla finale che si risolve in un fiorire del tutto, in un dualismo conflittuale che non è capace di concludersi e limitarsi solamente al palco.


Carlo Selan, 5^E

Commenti

Post popolari in questo blog

Moonshine, drink it all the time

di Matteo Nigris e Matteo De Cecco 5^G Forti della recente uscita di Carnelian [2015] e della risposta fondamentalmente ottima della critica specializzata, i Kill the Vultures, duo hip hop di Minneapolis costituito da Crescent Moon (rapping) e DJ Anatomy (beat, strumentali), hanno iniziato a marzo un tour europeo che vede come grande protagonista l’Italia, in cui terranno tredici date. Una di queste, grazie al contributo di Hybrida, che si occupa dal 2003 di portare musica dal vivo in zona, è risultata essere proprio Udine, nella programmatica location del bar del Cinema Visionario. Così come il cinema unisce individui dalle più disparate formazioni culturali in uno stesso luogo, così il concerto si è dimostrato essere tutto meno che un’adunanza fra patiti di hip hop: l’11 aprile (dopo un rinvio di una settimana dovuto alla nascita imprevista del figlio di Anatomy) la “fauna” che si riunisce in via Fabio Asquini è quanto mai eterogenea, quasi insperabilmente considerata la nat

Lettera al Messaggero Veneto

Giovedì 2 luglio abbiamo scritto una lettera al Messaggero Veneto in protesta ad un articolo sul Marinelli contenente informazioni imprecise e talvolta inventate, sperando di vederla pubblicata o quantomeno di ricevere qualche spiegazione. Purtroppo non è stato così e non abbiamo nemmeno ricevuto una risposta. Non ci resta allora che pubblicare qui la lettera, dando a tutti la possibilità di conoscere i veri fatti, nella speranza che, complice la viralità del web, si riesca a destare l'attenzione del Messaggero Veneto. Caro direttore, Le scriviamo questa lettera per esprimerle il nostro disappunto a riguardo di un articolo apparso sul vostro giornale domenica 28 giugno e intitolato Maturità 2015, gli studenti del Marinelli: "Udine addio, vado al Politecnico". Già dal titolo si capisce quale sarà il tono dell'articolo, ma il peggio arriva dopo. L'articolo è solcato da una serie di fatti puramente inventati. La Sara intervistata ha solo detto che proverà i

Il Combattente

La storia di Karim Franceschi, un italiano che ha difeso Kobane dall’Isis di Marco Mion 5^C Le sue mani hanno accarezzato volti e impugnato Kalashnikov e i suoi occhi hanno contemplato i sorrisi e i lutti di un popolo che, seppur ignorato dai riflettori internazionali, combatte per conquistare la propria libertà, la pace e la democrazia. Karim Franceschi è uno scrittore e attivista politico di ventisette anni che ha combattuto contro lo Stato Islamico a Kobane tra le fila dei partigiani Curdi. E’ stato ospite d’onore, assieme al giornalista Corrado Formigli, al decimo Festival Internazionale del Giornalismo tenutosi a Perugia, in cui ha presentato il suo libro “Il Combattente”. Ha raccontato in una Sala dei Notari gremita una realtà drammatica con estrema sensibilità, elogiando i valori e gli ideali che scandiscono la vita di questi combattenti. Inevitabile il confronto tra questi uomini e donne e quei partigiani che, insieme alle forze alleate, libera