Aurora
Venir 4^H
Lo
scorso 30 agosto è giunta la notizia che lo scienziato, chimico,
neurologo, scrittore (o meglio, narratore, come amava definirsi)
Oliver Sacks non è riuscito a combattere ulteriormente contro la
malattia che lo tormentava da anni.
Nato
a Mapesbury Road, Londra nel 1933, da una famiglia ebrea e
influenzato dai genitori entrambi medici, intraprese gli studi di
medicina, conservando sempre la grande passione per la chimica, avuta
sin da bambino e raccontata in Zio Tungsteno (2001). Dopo essersi
laureato nel 1960 in medicina decise di lasciare la casa natale e
trasferirsi negli States, dove cominciò a svolgere la professione di
neurologo. Affascinato dal mondo della neurologia Sacks ci appare
così come lo conosciamo: colui che si insidia nei meandri del
cervello descrivendo con semplicità e puntualità le sensazioni
provate dai pazienti che lui stesso aveva in cura.
Fu
proprio la madre ad esortarlo a scrivere le storie dei pazienti di
cui si occupava. “Ero affascinato dai miei pazienti, mi stavano
molto a cuore e sentii che era una specie di missione raccontare le
loro storie. Avevo scoperto la mia vocazione e la seguii con
ostinazione” scrive Sacks in un articolo del New York Times,
riportato il 20 agosto sul giornale La Repubblica. Egli si descrive
come un uomo timido che ha timore di mostrarsi in pubblico, tanto da
non partecipare nemmeno ai dibattiti a cui era stato invitato al
caffè scientifico di New York, ai quali hanno partecipato premi
nobel per la scienza e per la chimica. Al contrario, leggendo alcuni
suoi articoli scritti durante le ultime settimane di vita, si scopre
uno scrittore deciso ad aprirsi al mondo, pronto a condividere con
coloro che lo hanno sostenuto le sue paure, i suoi sentimenti e la
sua storia omosessuale con il compagno Billy Hayes, spiegandoci di
come questa lo abbia aiutato a sopportare il dolore delle operazioni
che aveva subito al ginocchio e alla schiena a causa del cancro.
Soprattutto negli ultimi anni della sua vita Oliver Sacks aveva
deciso di sfogarsi scrivendo numerose biografie tra le quali l’ultima
“On The Move”, che uscirà ad ottobre in Italia.
Chi
lo ha seguito ha potuto scoprire un nuovo Sacks, un uomo, più che un
neurologo, che si è ritrovato a fare i conti con le stesse malattie
raccontate nei suoi libri. Ciò che, però, vuole far capire è che
la malattia non lo ha mai sottomesso; ha provato dolore e, magari,
anche sconforto poiché avrebbe desiderato festeggiare ancora qualche
compleanno “agli elementi”. Si, perché Sacks, ingegnoso e amante
della chimica, soleva contare i suoi compleanni in base alla tavola
periodica. Ogni anno corrispondeva al numero dell’elemento: ha
festeggiato il suo ottantaduesimo compleanno al piombo e ogni
elemento “compiuto” per così dire, gli veniva regalato e lui lo
conservava.
“Quasi
certamente non vedrò il mio compleanno al polonio (l’84esimo), né
voglio avere del polonio accanto, con la sua intensa radioattività
omicida. Ma, all’altro capo della mia scrivania — la mia tavola
periodica — ho un pezzo di berillio (l’elemento 4) ben lavorato,
per ricordarmi della mia infanzia, e di quanto tempo fa ebbe inizio
questa mia vita che presto finirà". Questo ci porta alla casa
di Sacks, piena di riferimenti all’amata chimica: orologi che al
posto dei numeri segnano gli elementi chimici, tavole periodiche ogni
dove, perfino sulla tenda della doccia.
“Da
quando, a febbraio, scrissi di avere un tumore in metastasi, sono
stato confortato dalle centinaia di lettere che ho ricevuto, dalle
espressioni di affetto e di apprezzamento, e dalla sensazione che
forse ho vissuto una vita bella e utile.” Trovo che si possa
pienamente confermare questa sensazione, poiché proviene da un uomo
saggio che ha dedicato la sua vita alla scienza, all’umanità e
all’insegnamento.
Illustrazione di Chiara Lesa |
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