Marco Mion 5^C
Intervista
a Jacopo Incani, in arte IOSONOUNCANE, osannato dalla critica come
artista italiano dell’anno 2015
Venerdì 4
Settembre, il Circolo Arci Cas*Aupa di Udine (via Val d’Aupa, 2) ha
accolto IOSONOUNCANE, musicista sardo che ha presentato con un
concerto spettacolare il nuovo disco “DIE”, molto apprezzato sia
dalla critica musicale, sia dal pubblico. Mescola molti generi:
dall’elettronica alla musica etnica, dal progressive rock al folk.
Sono cosciente del fatto che molti lettori non conosceranno questa
musica, ma il desiderio di farli avvicinare a quest’ultima è stato
anche il filo conduttore che ho seguito durante l’intervista stessa
e soprattutto ciò che mi ha dato lo stimolo per compierla. Buona
lettura ma soprattutto buon ascolto amici Marinelliani.
Vorrei che ti presentassi agli studenti del liceo prima come Jacopo Incani, quindi parlandoci un po’ di te (la tua infanzia, la tua vita scolastica e le tue passioni generali) e successivamente come IOSONOUNCANE ovvero illustrandoci il tuo rapporto con la musica (ascoltata e prodotta) e il tuo percorso musicale da quando imbracciasti una chitarra fino alla nascita del progetto IOSONOUNCANE (magari anche spiegandoci il perché di questo nome).
Vengo
da una famiglia di pescatori e minatori e sono nato nell'inverno del
1983 sulla costa sud-occidentale della Sardegna. Fino ai 15 anni la
mia passione principale era il calcio, dai quindici in poi la musica.
Ho sempre detestato il dover stare seduto per ore e per quanto sia un
fervente lettore, ho sempre avuto un rapporto travagliato con la
scuola. Ho imparato a suonare la chitarra in due settimane circa
durante il primo anno di liceo. Dall'anno successivo fino al dicembre
2007 ho sempre e solo suonato negli Adharma, il mio vecchio gruppo.
Nel 2008, ritrovatomi musicalmente solo, ho intrapreso questo
progetto solista. Iosonouncane nasce dall'unione di Io sono uno,
uno splendido brano di Luigi Tenco, e il mio vero cognome.
Parliamo
del tuo ultimo disco, DIE. Dopo cinque anni di silenzio dal
precedente “La Macarena su Roma”, questo sta facendo discutere in
maniera positiva sia critica che pubblico e si appresta a diventare
album italiano dell’anno 2015. Cos’è successo in questo
intervallo musicale? Com’è nata l’idea per produrre questo
album?
Ho
portato in tour La macarena su Roma fino all'autunno 2012, poi sono
tornato a casa, in Sardegna, e lì per circa un anno ho lavorato in
totale isolamento alla scrittura e agli arrangiamenti. Ho accumulato
una quantità enorme di materiale, e nel gennaio 2014 sono entrato al
Vacuum Studio di Bologna per lavorare con Bruno Germano. Lì, per un
anno intero, abbiamo studiato e levigato insieme ogni singolo suono,
fino al risultato finale.
Questo
disco può essere definito un “concept album”, poiché
musicalmente e testualmente parlando racconta una storia, o forse
due. Per quanto riguarda i testi noto ricorrente una armoniosa
ripetizione di parole e un linguaggio degli opposti. Ci spieghi il
filone generale del disco?
DIE
racconta i pensieri di un uomo e una donna nello stesso istante, lui
in mezzo al mare, lei sulla riva. Parla della loro paura della morte,
parla di qualcosa che accade in una frazione di secondo nelle loro
teste. Questa è la trama, il pretesto narrativo.
Che
tematiche politiche/sociali/filosofiche hai usato per creare dei
testi così scarni e semplici ma allo stesso tempo così ricchi, il
linguaggio degli opposti che affascina colui che ascolta? Che ruolo
ha giocato la provenienza sarda nel disco?
Non
sono andato alla ricerca di tematiche specifiche, quanto piuttosto di
un sentimento di ineluttabilità; sono andato alla ricerca dell'uomo
come elemento di una ciclicità vitale e violenta. Sulla base di ciò
ho individuato alcune letture trascinanti e disarmanti (letture che
consiglio vivamente): Lo straniero di Camus, Furore di
Steinbeck, La terra e la morte di Pavese, la produzione
poetica di Manlio Massole, Paese d'ombre di Dessì, Il
giorno del giudizio di Salvatore Satta, Il vecchio e il mare
di Hemingway, Germinal di Zola. La Sardegna, “il mio esser
sardo”, ha guidato questo lungo percorso di ricerca e studio,
perché è la Sardegna ad avermi allevato e ad aver formato il mio
sguardo e il mio rapporto istintivo con la vita e la morte.
Dal
punto di vista musicale, (che ho letto essere da te preferita
rispetto alla stesura dei testi) si nota la complessità sonora e le
numerose influenze musicali. Che strumenti hai usato per questa
elevata sonorità? Hai avuto degli aiuti esterni?
In
realtà musica e testi hanno per me la stessa importanza. Diciamo
piuttosto che sul primo disco il mio lato di musicista rimane sepolto
sotto un coltre di parole. Con DIE ho riaffermato la mia vera natura.
Gli strumenti utilizzati nel disco sono tantissimi: chitarre
acustiche, classiche ed elettriche, percussioni d'ogni genere, fiati,
pianoforte, organi, sintetizzatori, un balafon, una chitarra sarda
preparata, ecc. Molti di questi strumenti sono stati suonati da amici
sardi ai quali ho chiesto semplicemente di improvvisare. Io mi sono
comportato come una sorta di direttore d'orchestra, tagliando e
riassemblando tutto il materiale registrato.
Il
tema della semplicità dei testi può essere facilmente dedotto da
titolo e copertina del disco. Ci spieghi il molteplice senso della
parole “DIE” e di questa copertina?
Cercavo
una parola breve, ficcante, capace di abbracciare il disco nella sua
interezza. Volevo una parola non italiana e non estrapolata dai
testi, e volevo infine che avesse più letture possibili. In sardo
die significa giorno, in inglese morire. Quando questo titolo
è arrivato ho capito che era perfetto. La copertina ha una genesi
misteriosa che non svelerò. Posso dire che ritrae una donna, nuda e
abbandonata, sul ciglio di una duna di sabbia rovente.
Che
cosa ne pensi degli artisti italiani contemporanei che si riconoscono
nella scena musicale indipendente?
In
generale mi pare che la scena non goda di ottima salute.
Il
tuo tour volge al termine. Ritenendo l’ispirazione una figlia lenta
e faticosa della vita vissuta ci si risente fra cinque anni?
In
realtà il tour andrà avanti con questa formula fino alle fine
dell'anno. Ci sarà una pausa di qualche mese e da marzo circa
tornerò con un po' di novità. In ogni caso temo che prima di un mio
nuovo disco dovranno passare alcuni anni.
Saluta
e, se ti va, lascia un messaggio agli studenti di questo liceo che
hanno letto la tua intervista.
Cari
ragazzi, se vi piace studiare studiate. Se non vi piace studiare
studiate comunque: ve ne potrete andare il prima possibile.
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