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“Lady Europe”


Dall'11 al 14 dicembre scorso è andato in scena al Teatro Palamostre lo spettacolo “Lady Europe”, scritto a quattro mani da Rita Maffei (anche regista e attrice protagonista) e dal vicesindaco di Udine Vincenzo Martines. La commedia, esilarante e al tempo stesso ricca di metafore che riconducono alla triste realtà politico-economica del nostro continente, immagina l'Europa come una signora che, sull'orlo della menopausa, sta attraversando un periodo di evidente crisi. Nel salotto mezzo imballato per il trasloco di una Lady Europe chiaramente a soqquadro quanto la sua abitazione, si avvicendano una lunga serie di personaggi: badanti rumene, immigrati africani, cantanti lirici cinesi e ragazzi in fuga da un continente che sembra non avere più nulla per loro, il tutto sotto l'occhio vigile e severo del maggiordono-politico che tentando di risollevare le sorti della sua sventurata padrona, altro non fa che ostacolarne la ripresa e, possibilmente, aggravarne la recessione.

Da dove nasce l'idea di trasformare l'Europa in Lady Europe?
Per raccontare la storia di un continente o lo stato in cui un continente si trova è necessario, in teatro, far sì che i concetti diventino concreti. Allora, per farli diventare concreti, abbiamo pensato di rendere l'Europa, che è un concetto astratto (oltre ad essere un continente), una signora. Ci siamo chiesti: “che particolarità ha questa signora?”. È una signora che è avanti con gli anni perché il nostro è un continente antico, è una signora che attraversa un momento di crisi perché l'Europa è in un momento di crisi e quindi quando una donna avanti con gli anni vive una crisi? Quando si trova sull'orlo della menopausa. Abbiamo allora fatto una piccola indagine su come vive la donna il momento della menopausa e abbiamo quindi lavorato su questo doppio binario, su questo parallelo tra la storia di un individuo, di una donna, che si trova in un momento molto difficile e particolare della sua vita e il momento che l'Europa sta vivendo. Li abbiamo messi insieme e abbiamo immaginato che cosa succede a casa di questa signora. È una signora sicuramente molto colta perché la tradizione culturale europea è molto importante, è una signora che ha accanto un uomo, che abbiamo immaginato come una sorta di Mario Monti o di Mario Draghi, che gestisce la casa economicamente e ne gestisce anche il declino. E quindi, lavorando su questo doppio binario, abbiamo cercato da un lato di raccontare la storia dell'Europa e dall'altro la storia di una signora. Questo doppio binario ha creato tutta la storia.
Un altro doppio binario che sembra di scorgere è il parallelo fra una Lady Europe, seppur in decadenza, fortemente propositiva in contrasto con un maggiordomo molto più tradizionalista e non estraneo al conflitto d'interesse.
Questo è vero, ma io credo che, alla fine dello spettacolo, quando abbiamo finito di costruirlo, abbiamo capito che Lady Europe non è soltanto lei, Lady Europe è anche il maggiordomo, sono anche tutti gli spettatori seduti: in fin dei conti l'Europa non è LEI, l'Europa è questo salotto, con tutto ciò che contiene, spettatori compresi. Lei è soltanto una parte di questo racconto, una parte dell'Europa e lui è una sorta di suo contraltare. È quindi come se fossero due parti della stessa cosa, dello stesso concetto, come anche ogni singolo spettatore è parte della cosa. Come lo sono gli africani che entrano bussando alla porta o il cinese che canta l'opera (che è nostra tradizione e lui se n'è impossessato per far commuovere Lady Europe). È un cortocircuito che è ciò che dentro questa casa, dentro questo salotto vintage, accade. Ed è questo salotto che è l'Europa.
Come nasce la singolare l'idea di coinvolgere il pubblico rendendolo parte integrante della scena?
Io ho molto spesso fatto spettacoli in cui gli spettatori hanno un punto di vista non tradizionale, cioè non quello “seduto in platea”. Mi è capitato molto spesso di farli e ho sempre cercato questo: una struttura diversa da quella tradizionale di messa in scena perché, in questo caso, ho pensato che se dobbiamo raccontare l'Europa anche gli spettatori devono esserci dentro e appunto se l'Europa è un salotto di una signora avanti con gli anni, allora anche gli spettatori ci devono essere seduti dentro perché anche loro sono dentro la storia.
Noi non stiamo facendo questo spettacolo negli Stati Uniti, lo stiamo facendo qui e quindi tutti ci stiamo dentro.
Fra i numerosi paragoni e metafore che appaiono durante lo spettacolo, qual è il Suo preferito?
Sono affezionatissima alla figura dei due ragazzi perché sono quello che ci permette di guardare avanti e il fatto che loro se ne vadano ma che poi alla fine tornino e dicano quelle parole che sono tratte da “Outside the wall”, una canzone dei Pink Floyd, per me è fondamentale. Loro finiscono dicendo: “I cuori teneri e gli artisti resistono”, tornano per dire quella cosa lì. È molto forte e molto importante, quindi anche se un ragazzo di diciott'anni, finito il liceo, piglia e se ne va, qui ci tornerà prima o poi per dire quella frase che è un segno di forza e di speranza e ci permette di guardare avanti.
Alla fine della rappresentazione Lady Europe, rimboccandosi letteralmente le maniche, sembra lanciarci un chiaro segnale, un suggerimento sul “come” cercare di riprenderci.
L'intento era questo ed anche il fatto di togliersi il costume di scena, di togliersi il parruccone finto e quindi rimanere in jeans e maglia qualsiasi... quello anche è un segno molto forte, che mi permette di farti passare un segnale positivo. Se ti è arrivato vuol dire “Che bello! Ci son riuscita! Son contenta!”

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