“Un
uomo semplice e complesso a cui sembra di avere un cuore troppo piccolo per
tutte le storie che ha ospitato e che ospita.” Così Pierluigi Di Piazza, prete
udinese e insegnante di religione, definisce sé stesso. Nel 1988 ha fondato il
Centro di accoglienza per stranieri “Ernesto Balducci” di Zugliano, luogo di
ospitalità per i bisognosi e di promozione culturale. E’ autore dei libri
“Fuori dal tempio” e “La Chiesa al servizio dell’umanità”, e nel 2012 ha
scritto un libro, sottoforma di dialogo, insieme a Margherita Hack dal nome “Io
credo, dialogo tra un’atea e un prete”.
Quando capì per la prima volta di avere la
vocazione per diventare prete?
Penso che le chiamate nella nostra vista si intuiscano a poco
a poco e che le risposte avvengano in diversi momenti, fino a che la vita
stessa, per le scelte che in essa si compiono, diventa una risposta.
Posso dire che l’orientamento della mia vita è guidato dal
riferimento a Gesù di Nazareth, dall’incontro con tante persone nelle
situazioni esistenziali più diverse e dalla mia coscienza.
Con un’altra espressione potrei dire: dal Vangelo, dalla
nostra Costituzione, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Come ho avuto modo di dire più volte pubblicamente e anche
di scrivere: nessuno mi ha sollecitato in modo sostenuto, tanto meno
“costretto” ad entrare in seminario; ci sono state alcune coincidenze che hanno
favorito questo inizio quando ero ancora bambino, a 11 anni. Una situazione non
positiva a quell’età. Il percorso è stato positivo per alcuni aspetti non
decisivi (scuola, disciplina…) e motivo di sofferenza per gli altri più
importanti: la mancanza di relazioni affettive significative, l’orientamento al
celibato obbligatorio; in generale una formazione finalizzata a costruire
funzionari della religione.
Sono riuscito a mantenere un’autonomia personale, a non
clericalizzarmi. Sono diventato prete con qualche difficoltà, perché l’istituzione
dubitava della mia persona. Ho cercato di essere un prete, non di fare il prete;
di non diventare funzionario della religione, con il riferimento al Vangelo,
alle persone e alla mia coscienza.
Una scelta non facile, ma di cui sento una risonanza
positiva nel profondo del mio essere. Attualmente sento conforto e sostegno dalla
presenza, dalla parola, e dai segni di papa Francesco.
Nel 2012
ha scritto un libro con Margherita Hack. Quali sono le caratteristiche che più
apprezzava in lei? E che cosa le è rimasto più a cuore della vostra amicizia?
Avevo
conosciuto Margherita Hack tanti anni prima, poi si è aperta la possibilità di
questo lungo dialogo, in 6-7 puntate, raccolto nel libro. In lei ho apprezzato
il suo essere una grande scienziata con la capacità di comunicare le sue
scoperte, il suo sapere in modo diretto e comprensibile, senza per questo
sminuire i contenuti. Il suo essere decisa, risoluta e nello stesso tempo
umile; diceva, a questo proposito, di meravigliarsi delle tante persone che la
circondavano e le esprimevano stima e affetto, dato che le sembrava di aver
fatto solo quello che era il suo compito.
E ancora il suo impegno per la giustizia, la pace,
l’accoglienza, i diritti umani per tutti, i diritti civili, la terra e tutti
gli esseri viventi, con attenzione particolare ai gatti e ai cani presenti
nella casa in cui viveva insieme all’amato e inseparabile marito Aldo. Mi ha
molto colpito l’amore e la tenerezza di queste due persone anziane. E ancora il
suo dirsi convintamente atea e il suo orientamento di vita basato sulle
indicazioni del Vangelo. E il riconoscere in Gesù non come l’essere divino, ma
comunque uno straordinario maestro di umanità perché vicino ai poveri, ai
deboli, agli ammalati, agli emarginati, a coloro di cui nessuno si occupava e
preoccupava.
Nel libro
ha ribadito di essere a favore dell'interruzione volontaria della vita, dei
preti donna e dei preti sposati. Che tipo di reazioni hanno le altre persone,
specialmente gli altri uomini di Chiesa, quando esprime queste idee?
Ho affermato la necessità di liberarsi dall’aborto, anche
attraverso la legge 194. Potrebbe sembrare un paradosso, ma non è così. La
legge nella sua finalità, anche quando l’attuazione non l’ha concretizzata, ha
inteso far emergere la piaga dell’aborto clandestino così diffuso; diffondere
attraverso i consultori l’informazione e l’educazione all’affettività e alla
sessualità consapevoli, alla maternità e alla paternità responsabili; favorire
nella donna la riflessione e la consapevolezza per una scelta così dolorosa, accompagnandola
ad uscire non solo della clandestinità, ma anche dall’isolamento.
Per quanto riguarda il celibato, nella Chiesa cattolica si
dovrebbe scindere il ministero sacerdotale dall’obbligo del celibato che è
stato deciso a metà circa degli oltre duemila anni della storia del
cristianesimo.
Nella Chiesa dovrebbero poter convivere preti celibi quando
il celibato è una scelta libera e consapevole; preti che scelgono sia il ministero
sia la famiglia, quindi sposati; uomini già sposati che godono della stima e
della fiducia della comunità e sono disponibili a diventare preti; e poi donne
che assumono il compito ministeriale. Non sembri una possibilità così lontana;
se ci rechiamo in Austria o in Germania, ad esempio, possiamo incontrare nelle
chiese le donne pastore che guidano la celebrazione.
Quali
sono i valori che reputa più importanti nella vita di un essere umano?
Dire che il valore, la dimensione, le qualità più
importanti sono finalizzate a confermare l’umanità potrebbe sembrare scontato,
ma in realtà è fondamentale restare umani e diventare sempre più umani.
Le qualità dell’umanità umana sono la libertà, la
responsabilità, la disponibilità, la compassione, l’accoglienza, la sincerità,
l’autentica solidarietà, la profondità dell’animo, la spiritualità, la coerenza;
e ancora la cultura, la poesia, la musica, l’arte.
Se avesse la possibilità di cambiare qualcosa
nella Chiesa di oggi, quale sarebbe?
Papa Francesco ha avviato in modo evidente una riforma
della Chiesa. La Chiesa dovrebbe vivere la sola paura di non essere fedele al
Vangelo.
Penso quindi ad una Chiesa forte nell’annuncio e umile;
soprattutto accogliente per tutte le persone, senza pregiudizi e
discriminazioni; povera e dei poveri; comunità e non istituzione di potere;
semplice, essenziale, sobria; una Chiesa da cui si percepisca il messaggio del
Vangelo di Gesù di Nazareth.
Che cosa ne pensa
delle filosofie orientali, che si stanno diffondendo anche in Europa?
Penso che tutti gli esseri umani cerchino la strada per
trovare il senso della propria vita. I percorsi possono essere diversi e ritengo,
nel rispetto e nella valorizzazione di tutti, che trovino un significato
profondo quando riescono a mettere insieme la dimensione interiore, spirituale
e l’impegno a incidere in modo positivo nel cambiamento della storia, nella
liberazione da ingiustizie, violenze, guerre, discriminazioni, nello sfruttamento
delle persone, della terra e dell’ambiente vitale.
Alcuni itinerari evidenziano maggiormente la dimensione
interiore, altri quella sociale. A mio avviso è importante che l’una non sottovaluti
l’altra.
Dall'impressione che ha della gioventù, che
consiglio si sentirebbe di dare a noi giovani?
Potrebbe sembrare una presunzione rivolgermi a voi giovani
con dei consigli.
Personalmente nutro fiducia nei giovani e nelle loro
possibilità di bene; cerco di intuire le difficoltà che stanno vivendo in
questo tempo di complessità, guardando al futuro e alla mancanza drammatica del
lavoro. Ritengo fondamentale per i giovani e per noi adulti essere e diventare
persone libere, consapevoli, autonome, critiche, responsabili e coerenti, che
sentono di essere parte di un’unica umanità.
Francesca Sartori 4^F
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