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Pordenonelegge 2015



Linda Amaduzzi 4^H

Domenica 20 settembre, ultimo giorno di Pordenone legge. Tutti troppo impegnati a correre da qualche parte tentando di evitare 3 ore di coda per chiedersi cosa stanno facendo. Perché sono a un festival letterario? Lo fanno perché vogliono vedere il loro autore preferito dal vivo o per sentir parlare dei prodotti tradizionali del Friuli o di filosofia o di musica per bambini o semplicemente perché abitavano dietro l’angolo e non avevano nient’altro da fare. In quella folla c’è anche qualcuno (riferimenti casuali) che non sa nulla di letteratura, o che non ci ha mai pensato e, andando alla scoperta di un mondo ignoto, finisce così per trovarsi di fronte ad un economista incomprensibile o nel bel mezzo di una conferenza di botanica. Capita anche, però, di incontrare dal vero alcune figure affascinanti e un po’ misteriose che incarnano lo scrittore nascosto che ognuno ha dentro di sè.

Adam Thirlwell, dopo essere stato uno dei migliori del suo college ad Oxford e con una pluripremiata carriera da scrittore e critico letterario, ci si presenta davanti con una capigliatura scompigliata e delle significative borse sotto gli occhi. “The idea of Flaubert reading this novel is terrifying” commenta parlando del suo libro Tenero&Violento. Il suo rapporto con gli scrittori passati è controverso: ammette di aver “rubato” una scena da Henry James e di ispirarsi spesso a Sterne, eppure afferma di voler credere che sia possibile scrivere con tecniche nuove che Flaubert non sarebbe riuscito a creare “anche se quando poi pensi di aver inventato qualcosa, subito scopri che è già stata fatta 40 anni fa”. Con pensierosa scioltezza ci parla del suo interesse nel legame tra scrittore e lettori e della sua ricerca su come adattare la realtà del libro ad un pubblico universale fondendo spazio e tempo, luoghi reali ma distanti, fino a crearne uno irreale come ambientazione del suo romanzo. È proprio in questa “placeless city” che avviene la surreale vicenda che in realtà, come secondo Adam tutti i romanzi, non è altro che l’esplorazione di una paura privata: il confine tra una vita tranquilla e regolare e una terrificante serie di eventi che la rendono angosciante.

Dopo questo incontro, affascinati dalla persona e un po’ spaventati dalla quantità di informazioni ricevute, a solo una mezzoretta di distanza potrebbe capitare di incontrare un autore completamente differente che ci fa dimenticare tutto quello che abbiamo appena appreso.

Potrebbe capitare di incontrare lo scrittore tedesco Joseph Zoderer che, con un interessante copricapo western, ci espone una visione della letteratura completamente opposta a quella di Thirlwell. Zoderer riporta tutte le domande riguardanti il romanzo alla sua vita privata, glissando sulle questioni letterarie per farci concentrare sull’autore. Quando gli viene chiesto il target del suo romanzo egli risponde prontamente “Io scrivo egoisticamente di me stesso e per me stesso.” La letteratura è infatti secondo Zoderer la ricerca individuale di un significato nella vita, che si discosta da ogni precedente ricerca fatta da altri e dal contesto del mondo moderno. Per questo motivo anche il ritiro in montagna: per usare le sue parole, il suo scopo è “buttare fuori” quanto più trova dentro di se genuinamente e solo infine operare una scrematura per i suoi romanzi. Un bel trauma passare da discorsi su una complessa ricerca di innovazione letteraria alla visione di letteratura introspettiva e solitaria di Zoderer. Ma è in questo momento, grazie allo spiccato contrasto, che abbiamo davvero spunti di riflessione. È questa la ricchezza del festival: la possibilità di assistere a tante sfaccettature della lettura e della letteratura che emergono dagli autori, che ci fanno ragionare su temi che non ci toccherebbero in un libro. Il fatto che quei fantomatici visi riquadrati in quarta di copertina si trasformino in toni di voce, cappelli discutibili e spiegazioni dei loro stessi libri rende queste persone e le loro filosofie comparabili e accessibili a tutti, finendo per affascinare anche chi semplicemente non aveva nient’altro da fare.

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