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Monica Cirinnà ci risponde


di Nicola Petrucco 5^H

Nei primi mesi di questo 2016 le prima pagine dei quotidiani nazionali sono state a lungo occupate dal dibattito sulle unioni civili per le coppie omosessuali. Tutto questa attenzione mediatica però probabilmente non ha chiarito le idee sulla questione a tutti. Abbiamo avuto l’occasione di intervistare la senatrice Monica Cirinnà, prima firmataria e relatrice del DDL ora alla Camera.



Come è nata e come ha vissuto questa battaglia per i diritti?

E’ nata perché nella vita bisogna avere il coraggio di prendere il treno se il treno ti passa davanti. Ho sempre lavorato nel tema dei diritti: mi sono laureata in giurisprudenza con un grande maestro di libertà, Franco Bordero, col quale ho lavorato per oltre 10 anni nella sua cattedra. Quando ho chiesto di essere assegnata in Commissione Giustizia sapevo di volermi occupare di diritti. Mi è capitata questa opportunità di essere nominata relatrice. Devo essere sincera, ci ho pensato un notte intera perché sapevo sarebbe stata la battaglia della vita però ho detto ‘ne vale la pena’. Ne vale la pena perché è davvero una battaglia per la libertà, una battaglia di dignità, una battaglia nella quale tu riconosci ad una minoranza discriminata di questo paese di poter stare invece a testa alta in Italia e nel mondo. Quindi, come si dice, me la sono rischiata.

Quanto sta pesando la cultura politica cattolica italiana nelle scelte politiche del nostro Paese? E quanto rispetto alla prima repubblica?

Credo sempre meno. Io nella prima repubblica non ero nata ancora per la politica. Ho iniziato a occuparmi di politica all’inizio degli anni ’90 nel consiglio comunale di Roma e in quegli anni sicuramente la pressione della Cei e dell’organizzazione ecclesiastica italiana era molto più forte di oggi. Questo nuovo papa, gesuita e figlio di una cultura sicuramente lontana dalla nostra, ha voluto dare un imprinting forte ad una chiesa sociale che fosse sempre meno un chiesa politica in termini di potere temporale. Certo a Roma, dove questo potere è sempre stato estremamente radicato, ha ancora pesanti influenze. Se voi confrontate le dichiarazioni di Bagnasco con quelle del Papa o quelle di Tarantino con quelle di Bagnasco stesso, vi renderete conto di come ci siano delle grosse divergenze. Ultimamente poi il parlamento è composto da tanti giovani e tante donne e la laicità è un valore.

Quindi questa influenza è destinata a finire?

Questa influenza è destinata ad avere la vita che merita di avere. Vale a dire, sicuramente un peso culturale importante alla pari di altri. Poi credo che quando un parlamentare è candidato per essere eletto in parlamento debba avere solo una religione da osservare e ossequiare che è la Costituzione. Per tutte le altre credo ci siano altri luoghi.

In un paese tendenzialmente tradizionalista come l’Italia, quanto è difficile far passare il suo concetto di allargamento della famiglia?

E’ molto difficile. Noi abbiamo un Paese estremamente arretrato dal punto di vista culturale, un Paese poco inclusivo rispetto le nuove forme di famiglia. Abbiamo un retroterra culturale e religioso molto legato agli stereotipi e alle tradizioni. Credo che con questa legge diamo una riforma completa al diritto di famiglia e passiamo dal diritto di famiglia al diritto delle famiglie. Riconosciamo le persone che convivono more uxorio, siano esse coppie dello stesso sesso o eterosessuali e diamo riconoscimento ad una nuova forma di famiglia, la cosiddetta famiglia arcobaleno.

Perché il suo lavoro viene associato all’utero in affitto nonostante non ci sia nessun riferimento?

Perché questo è un modo per non fare cultura, per disinformare, un modo, come si dice in romanesco, per buttarla in cacciara e fare si che le persone non capiscano davvero di che cosa si tratti. Noi vogliamo dare riconoscimento alla vita familiare di coppie omosessuali che possono, o non possono, avere un figlio già nato. La gestazione per altri -mi rifiuto di dire utero in affitto perché le donne non si affittano a pezzi come le automobili- in Italia è vietata dall’articolo 12 della legge 40. Resta vietata, nel DDL non c’è. E’ chiaro che l’estensione delle responsabilità genitoriali sul figlio del partner, potrebbe dare un riconoscimento indiretto a chi fa questa pratica all’estero. Ritengo che il bambino non possa essere penalizzato per il modo in cui è venuto al mondo: il riconoscimento del secondo genitore se va a tutela del minore, va in qualche modo riconosciuto.

Quando e come otterremo l’uguaglianza totale fra l’istituto del matrimonio fra omosessuali ed eterosessuali?

Avverrà ciò che è successo in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti. Attraverso una nuova legge del Parlamento o una sentenza della Corte Costituzionale si arriverà all’estensione del matrimonio ugualitario anche a coppie di persone dello stesso sesso, col superamento e la modifica dell’articolo 29 e quindi con il medesimo istituto giuridico. Vi specifico che l’unione civile si differenzia, ad oggi, dal matrimonio civile in pochissimi punti. Il primo punto è la fedeltà. Il secondo punto è il divieto della legge 40: tutte le tecniche di procreazione assistita nel nostro paese con un legge oscurantista sono vietate a single e a persone dello stesso sesso. Si differenzia dalla possibilità di essere adottante, sia dell’adozione speciale, purtroppo stralciata, che dell’adozione legittimante dell’articolo 6. Per tutto il resto c’è un’equiparazione quasi totale al matrimonio.

Si aspetta ci sarà un referendum abrogativo sulla sua legge?

Mi aspetto che non ci sarà ma lo spererei volentieri perché lo vinceremmo a mani basse.

Diverse sentenze negli anni e anche recentemente hanno permesso di fatto l'adozione del configlio. Come vede questa operazione della magistratura? Quanto è legittima? I giudici anticipano e arrivano dove la politica non riesce?

Sicuramente. La magistratura in questo paese è fatta di tanti bravi eroi civili: pensate alla Presidente Cavallo che ha iniziato ad applicare l’adozione del figlio del partner con l’art 44 della legge 184 del ‘83 molto prima che si parlasse addirittura di unioni civili. La magistratura segna sempre un solco fondamentale entro il quale poi il legislatore va. Certo, se il Parlamento fosse un Parlamento coraggioso dal punto di vista politico farebbe pure cultura e trascinerebbe il Paese in avanti rispetto alle conquiste dei diritti civili. Le devo dire però che l’articolo 5, quello che è stato stralciato sull’adozione del figlio del partner, era nella volontà politica forte non solo del mio partito, del Partito Democratico, ma anche di un pezzo del Governo. Purtroppo in cambio di voti abbiamo dovuto mollare qualcosa. E alla fine abbiamo mollato queste due cose per me molto dolorose, non solo l’adozione ma anche la fedeltà.

Qualche tempo fa, in un’intervista al Corriere della Sera lei denunciava un clima molto teso all’interno del partito. Com’è adesso la situazione?

Quell’intervista io l’ho smentita: non è stata un’intervista. Eravamo in un grosso campanello di persone dove c’erano rappresentanti delle associazioni e del mio partito. Come succede sempre in transatlantico, si parla e molti ascoltano. Quella non era un’intervista, solo parole colte qua e là. Comunque confermo: anche all’interno del Partito Democratico abbiamo avuto dei problemi. All’interno di tutte le formazioni politiche, quando ci si trova a discutere di una legge così importante, l’area fatta dai conservatori, ovunque siedano, si fa sempre in qualche modo sentire.

L’assenza nell’unione civile dell’obbligo giuridico di fedeltà, che conseguenze può avere rispetto al matrimonio in sede di scioglimento?

Nessuna, perchè l’infedeltà ormai non è più considerata come motivo di addebito. Oltretutto per le unioni civili abbiamo inserito il divorzio immediato e speriamo di inserirlo anche per il matrimonio.

Lei è tra i firmatari di un ddl per rimuovere l’obbligo di fedeltà anche dal matrimonio, è solo una provocazione o qualcosa di più?

Non è assolutamente una provocazione: il nostro codice civile risale agli anni 40’ e in quel periodo l’impronta sulla famiglia era data dal fortissimo maschilismo imperante dell’epoca. L’obbligo di fedeltà non era altro che la base di quello che poi veniva riconosciuto come delitto d’onore. In nessun altro paese d’Europa c’è una simile previsione legislativa, in questo quindi le unioni civili sono una legge più avanzata rispetto al matrimonio.

Il movimento 5 stelle non ha votato l’emendamento premissivo. Aveva però annunciato che 32 senatori su 35 avrebbero votato invece l’articolo 5, la stepchild adoption. Lei crede che avrebbe mantenuto poi questa promessa in aula?

Io credo che l’avrebbero mantenuta. Il problema è che non ce la siamo sentita, la Boschi, Renzi ed io, di mettere in mano al voto segreto dell’aula un testo che finalmente faceva uscire dalla discriminazione e tutelava coppie inesistenti per il diritto. Non me la sono sentita perché anche se loro avessero votato l’articolo 5 mettendo al riparo i bambini, noi avremmo avuto un voto segreto anche sull’articolo 2 e articolo 3. L’articolo 2 è la forma giuridica di diritto pubblico di questo istituto; l’articolo 3 è quello dove ci sono tutti i diritti sociali, compresa la reversibilità della pensione. Io non sono certa che a voto segreto una parte di loro, e anche un’altra parte del parlamento, avrebbe votato quel tipo di articolo. Quindi, quando il Movimento 5 Stelle mi dice “non voto l’emendamento premissivo ma voto tutto il resto”, sa di mettere in mano il futuro di tante coppie e di tante persone al pallottoliere e alla roulette russa del voto segreto. Chi voleva limpidamente queste legge, doveva votare l’emendamento premissivo Marcucci. Non è stato così; uso le parole di Pizzarotti: “hanno le mani pulite ma le tengono in tasca”. E infatti non hanno fatto niente.



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