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IL LATO (NON COSI') NASCOSTO DELL' ESTREMISMO ISLAMICO: BOKO HARAM



di Kadir Bssila 3^G


Nessuno in Europa sembra darvi importanza. Ma in Nigeria e negli Stati ad essa confinanti opera una setta più numerosa e pericolosa dello Stato Islamico: si tratta di Boko Haram. Un'organizzazione militare che rivendica le proprie sanguinarie azioni in nome del Jihād, ma uccide e distrugge senza criterio né scrupoli, allo stesso modo - se non peggio - dell'ISIS. Che il 12 marzo scorso si è ufficialmente alleata con l'organizzazione guidata da Abubakar Shekau, fautrice, secondo le stime più alte, di oltre 13000 morti negli ultimi 6 anni. Già la costituzione del Califfato a Gwoza nel 2014 era stata una sorta di adesione allo stato Islamico. Ma Shekau, qualche settimana prima del video nel quale giura fedeltà all'IS, aveva già lanciato un appello ai grandi leader del terrorismo internazionale, a cui proponeva di portare il Jihad in l’Africa e instaurare la Umma, cioè l’unione dei territori nei quali risiede la comunità degli islamici.

L'organizzazione si è ufficialmente autonominata Jama'atu Ahlis Sunna Lidda'awati wal-Jihad, in Arabo "Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e per il Jihād".

Boko significava originariamente "falso", ma ha assunto il significato di "educazione occidentale"; quindi, liberamente tradotto dalla popolazione Hausa locale, il nome intero significherebbe "l'educazione occidentale è proibita".

Boko Haram promuoveva inizialmente una versione dell' Islam che rende "haram", o proibita, ai Musulmani la partecipazione a qualsiasi attività sociale o politica associata alla società occidentale.

Ciò includerebbe andare a votare, vestire in "stile occidentale" o ricevere un'educazione laica.

Boko Haram accusa lo Stato nigeriano di essere governato dagli infedeli, anche se il defunto Yar'Adua, presidente fino al 2010, era musulmano, così come l'attuale capo del governo Buhari.

La setta infatti viene fondata nel 2002 da Ustaz Mohammed Yusuf a Maiduguri, nel nord-est della Nigeria, con lo scopo di l'idea di instaurare la shari'a nel Borno. Presto però gli obbiettivi, come prevedibile, evolvono, il numero dei militanti cresce. Ma incredibilmente la loro considerazione da parte di governo e polizia nigeriani segue pressoché inesistente, permettendo al nuovo nucleo politico-religioso, ma soprattutto militare, di espandersi a suon di propaganda contro polizia e governo tra i membri disoccupati e scontenti della popolazione, allo stesso modo dell'IS in Europa e Medio Oriente.

Le insurrezioni da parte dei giovani nigeriani, frustrati dalla corruzione e dal malessere sociale che dilagano in Nigeria, si susseguono fino al 2009 quando, dopo una serie di azioni vendicative da entrambe le parti, il governo lancia un'offensiva militare che uccide circa 700 persone. Da quel momento è guerra.

Ad aggravare la situazione arriva Shekau, dato per morto nell'operazione del 2009, nella quale era invece morto Yusuf.

Abubakar Shekau parla fluentamente quattro lingue: hausa, arabo, kanuri e fulani. Dopo aver ricevuto una formazione teologico-spirituale dal proprio leader, è pronto a prendere il suo posto alla guida dell'organizzazione. Gli studiosi del gruppo sostengono che Shekau non abbia né la vena carismatica ne le capacità retoriche del suo predecessore, ma un coinvolgimento ideologico e una spietatezza superiori.

Inizialmente determinata a contrastare la cultura occidentale, dopo i fatti del 2009 e con l'ascesa del nuovo leader, l'associazione abbandona i suoi scopi ideologici e estende, con il tempo, il campo dei propri obiettivi - come riportano i ricercatori dell'ACLED - da forze dell'ordine e ufficiali fuori servizio alle istituzioni, giungendo ai massacri di civili innocenti, senza distinzioni religiose, degli ultimi anni. La violenza di Boko Haram giunge al proprio culmine il 3 gennaio 2015 con la messa a fuoco di Baga, e il massacro di oltre 2000 persone nel corso di 4 giorni. Si tratta dell'ultimo di una serie di attentati simili per dimensioni e dinamiche avvenuti nel tra 2013 e 2014.

Ciò che più dovrebbe colpire, e che tuttora sconvolge gli studiosi del fenomeno, è il tentativo del governo nigeriano, di ridimensionare la gravità delle stragi commesse dagli estremisti per nascondere la totale crisi dello Stato federale di fronte a una opposizione militare interna diffusa in tutto il Paese.

Dal 2002 sono cresciuti a dismisura i segnali di pericolo, che hanno trovato un'incomprensibile indifferenza dello Stato fino al 2009, quando è cominciata con la guerra interna un'ipocrisia perdurata sino ad oggi.

I giornali occidentali, restii al dare importanza ai fatti accaduti in questa zona o ad analizzare decentemente la situazione drammatica della Nigeria, hanno mostrato quasi totale indifferenza a quando non sono stati colpiti l'ONU o cittadini stranieri.

Basta portare ad esempio la cattura delle 200 studentesse avvenuta nell'ottobre 2014, sulla quale si pose l'attenzione mediatica internazionale, in quanto emersero tematiche universali come il rispetto dei diritti delle donne. In quel caso l'attuale presidente nigeriano Jonathan, secondo molti con un'azione di campagna elettorale, annunciò che c'era stato un accordo per cassare il fuoco e per la liberazione delle ragazze. Ma pochi giorni dopo le forze jihadiste annunciarono l'inesistenza di tale accordo o di eventuali trattazioni.

A seguito di questo evento mediatico l'attenzione si rispostò sull'asse Europa-USA, con qualche accenno alle occasionali trentine (a volte un centinaio) di cadaveri prodotti dai terroristi nigeriani. Viene spontaneo purtroppo il dubbio che quello africano sia considerato sangue di serie B.

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