di Matteo Nigris e Matteo De Cecco 5^G
Anche
il (brutto) 2015 sta volgendo al termine e, volendo riservare il
resoconto di questa annata al prossimo numero, qui vi parleremo di
quello che forse è l'ultimo movimento rimasto tra quelli ben
connotati geograficamente e insieme artisticamente validi: dunque ci
trasferiamo in Brasile e analizziamo il fenomeno delle Vanguarda
Paulista.
Per
comprendere la genesi e i tratti di questa scena forniamo una
trattazione cronologica della musica brasiliana a partire dal 1942,
anno in cui Leopold Stokowski (noto per aver diretto la colonna
sonora del celeberrimo film "Fantasia"), ideò una
compilation in cui fece suonare numerosi suoi amici brasiliani,
essendo un grande appassionato della musica tipica del posto. In
questo modo ci è stato fornito il primo documento tangibile di una
lunghissima tradizione: il risultato è esattamente quello che ci si
aspetterebbe ascoltando dei brani provenienti da una cultura che deve
tanto a quella dei colonizzatori quanto a quella degli schiavi neri
deportati in America. Anche se l'aspetto melodico non è del tutto
estraneo alla musica europea, quello ritmico e l'utilizzo massivo
della forma "call and response" (la stessa che si può
sentire nelle work songs e nel gospel) suggeriscono una chiara
contaminazione africana. Questo Native
Brazilian Music, Volume 1
è fondamentale per comprendere tutta la musica brasiliana
successiva: impossibile non riconoscere l'influenza nel modo di
cantare, nei ritmi e nel mood su ciò che l'ha seguito. Influenza,
oltre che musicale, anche culturale: uno degli elementi che verranno
più ripresi dagli artisti dei giorni nostri è il Candomblé, un
culto di origine africana diffuso in Brasile dal XVI secolo
Fra
le tappe del viaggio che porta alla Vanguarda, fondamentale è quella
del tropicalismo (tropicália in lingua originale), un genere che,
già teorizzato nelle basi dalla poesia concreta verso la fine degli
anni Cinquanta, si sviluppa nella seconda metà degli anni Sessanta
grazie all'impulso dei pionieri Caetano Veloso e Gilberto Gil. Lo
stile musicale è connotato da un freschissimo miscuglio di
tradizione brasiliana e tendenze europee, su tutte rock psichedelico
e folk, e da un forte impegno sociale nei testi (tanto da costare
l'esilio ai due padri fondatori del movimento). La bellissima
raccolta Tropicália
ou panis et circencis (1968)
è la testimonianza più importante in questo ambito, e aggiunge ai
pezzi più famosi di Veloso e Gil anche contributi di Gal Costa e
degli Os Mutantes
La
tropicália è il primo vagito di quella che da lì a pochi anni
verrà chiamata Música Popular Brasileira (MBP) e proprio la sua
repentina scomparsa dalla "mappa degli ascolti" del Brasile
indica come questa sia stata inglobata da praticamente la totalità
di quanto verrà prodotto in seguito (comportandosi in modo simile al
nostro "pop").
Tra
gli anni Sessanta e Settanta l'America Latina comincia a contrarre
numerosi debiti verso gi altri stati, fatto che porterà alla crisi
del 1982. In questo contesto nasce la prima Vanguarda Paulista,
movimento che prende il nome dal luogo in cui molti dei suoi
componenti si esibivano, il teatro Lira Paulistana. Figura di spicco
è Arrigo Barnabé, tutt'ora attivo nella produzione di giovani
gruppi brasiliani. Come nel tropicalismo, vengono di volta in volta
assorbite influenze dal panorama musicale contemporaneo: Barnabé in
Clara Crocodilo
(1980) cercherà nuovi orizzonti sonori ispirandosi a Frank Zappa nel
canto e nell’attitudine jazz (ma in generale, dal punto di vista
compositivo, all’intera scena Avant-Prog e Rock in Opposition
europea di metà anni Settanta), mentre Itamar Assumpção, col suo
Beleléu, Leléu, Eu
(1980), prova a
implementare in un contesto tipicamente MBP elementi funk e reggae. I
Patife Band invece rilasciano Corredor
polonês (1987),
quello che può venire considerato assieme un tardo esempio di
post-punk e uno dei primi vagiti del math rock: il sound aggressivo e
i tempi composti contengono il germe di un discorso che verrà
portato avanti da altri gruppi americani con risultati decisamente
più fortunati. Ciò non nega che l’album, nei suoi momenti più
fortunati, abbia in un certo senso battuto sul tempo persino gli
Slint, grandi maestri del genere. Citiamo infine la misteriosa
Letícia Garcia, personaggio di cui non esistono praticamente
notizie, autrice di quello che è il miglior episodio di questa prima
generazione della Vanguarda, Magamaquiavérica
em canturbano (1984).
Nel disco trovano uno spazio ideale notevoli sperimentazioni vocali e
elementi jazz, tanto da ricordare nell’attitudine la grandissima
innovatrice del jazz vocale Jeane Lee, quando non l’inarrivabile
Meredith Monk; gli spunti progressive non mancano e il loro
inserimento nei brani si amalgama al resto della materia in modo
molto vicino a quello dei grandi capolavori occidentali. Infatti
questa prima ondata di vanguardisti portò in quasi tutti i casi a
sporadici momenti di grande ispirazione accompagnati da altri poco
convincenti, troppo simili a integrazioni forzate fra musica
tradizionale e novità europee o statunitensi.
Verso
la fine degli anni Ottanta la popolarità del genere, già limitata,
inizia a scemare e negli anni Novanta abbiamo una decina scarsa di
pubblicazioni, peraltro irrilevanti. In questo periodo la corrente
musicale principale in Brasile è quella del metal estremo, e non
nasceranno altri fenomeni degni di nota prima del 2010. Infatti negli
anni Dieci del nostro secolo si sta assistendo a una rinascita della
Vanguarda Paulista, determinata in particolare dall'esordio di alcuni
giovani artisti molto promettenti quali Juçara Marçal e Kiko
Dinucci, accomunati anche dalla passione per la religione Candomblé.
Questi possono essere considerati la spina dorsale dell'attuale scena
Paulista, in quanto spesso appaiono nei progetti più rilevanti della
stessa come musicisti o, come nel caso di Dinucci, in qualità di
disegnatori delle copertine. Dopo un'iniziale collaborazione i due
musicisti formano un vero e proprio gruppo, i Metá Metá. Il disco
più famoso della formazione, MetaL
MetaL, viene
pubblicato nel 2012 ed è ad oggi il migliore del genere. Le
travolgenti ritmiche brasiliane trovano finalmente una sintesi
equilibrata con la fusion e il funk, la chitarra di Dinucci fa da
base per la squillante voce della Marçal, che si alterna col
sassofono di Thiago França in quella che pare un’esplosione di
vita mai sentita prima. Nel 2014 Juçara fa uscire il suo
album-manifesto, Encarnado,
nel quale esibisce elementi math rock e un sound assolutamente
scarno, privo delle percussioni che caratterizzano la MPB. L'effetto
è veramente paradossale in quanto sembra di ascoltare una samba
aritmica, o meglio, in cui il ritmo nasce più dai silenzi che dalle
note suonate, merito sicuramente della perizia nell'arrangiare i
pochi strumenti presenti, ovvero la voce e le chitarre. Più
recentemente si è anche cimentata in un disco più sperimentale con
l'aiuto del musicista noise Cadu Tenório. In Anganga
(2015) si fa più forte l'aspetto religioso della musica: sopra delle
trame inquietanti di rumori ultraterreni la voce di Juçara si leva
con la stessa solennità delle melodie tradizionali che accompagnano
le cerimonie del Candomblé. Litanie e improvvisi scoppi di rumore,
riverberi sotterranei e suoni impossibili da decifrare sono la
costante di un disco di musica elettronica veramente caratteristico e
interessante. Per conto suo Dinucci suona in un quartetto acustico, i
Passo Torto. Nel loro debutto (Passo
Torto, 2011) l’estro
del leader si riconosce dai complessi intrecci di chitarre e dalle
atmosfere oscure, rappresentate perfettamente dalla copertina del
disco. Questo stile trova il suo compimento nel più recente Thiago
França (2015),
realizzato in collaborazione con Ná Ozzetti. Le atmosfere si
incupiscono ulteriormente, gli strumenti acustici dipingono scene
fosche, puntellate dalle note del basso a tratti quasi "jazzoso".
La voce della Ozzetti striscia sinuosa tra le coltri di fumo, non si
fa fatica ad immaginarla cantare queste stesse canzoni nel locale di
un film noir ambientato a San Paolo.
Fatto
peculiare è che, proprio ora che si discute sempre più spesso della
legittimità del download digitale e va pian piano scemando
l'importanza del diritto d'autore, gli artisti di questa nuova
Vanguarda abbiano deciso di mettere la loro musica a disposizione
gratuitamente su internet. La scelta è determinata principalmente
dalla legge sul copyright, tutt'ora vigente in Brasile, che è stata
emanata nel 1998. Questa è assai restrittiva, tanto da impedire
qualsiasi copia della musica acquistata, e porta profitti molto bassi
ai musicisti. Sembra quindi logico che gli artisti brasiliani abbiano
deciso di affidarsi alla distribuzione gratuita, limitandosi a
vendere i propri dischi senza intermediari.
Date
dunque le premesse, possiamo parlare di quella che è fino ad ora la
stagione più felice della musica brasiliana: finalmente si è giunti
ad integrare le influenze della musica americana/europea con quella
tradizionale, conservandone la "jeux de vivre" che la
distingue da quasi tutte le produzioni recenti. Sentire dischi
suonati con tanta passione al giorno d'oggi fa veramente sperare in
un futuro più roseo, libero dalla pigrizia che contraddistingue
ormai fin troppi lavori di artisti sia emergenti che affermati. Alé
Brasil!
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