di Marco Mion 5^C
(Da sinistra a destra) Luca,
Jacopo, Lorenzo, Federico
Sabato
24 Ottobre, ospiti alla serata psichedelica tenuta al circolo
Cas*Aupa, si sono esibiti i friulani “Stringe”, il solista
piemontese “Selfimperfectionist” e la band torinese “The Yellow
Traffic Light” con cui ho avuto il piacere di scambiare due parole.
Grintosi, energici e poco più che ventenni, i “The Yellow Traffic
Light” sono un gruppo shoegaze psichedelico composto da Jacopo
Lanotte (voce, chitarra, tastiere), Luca Chiorra (batteria), Federico
Mariani (chitarra e tastiera) e Lorenzo Avataneo (basso e cori).
Così orchestrati, i YTL sono attivi da quattro
anni e dal 2014 hanno registrato due EP con i quali rivendicano
un’attenzione più che meritata da parte di un pubblico che
ingiustamente tende a dimenticare la differenza tra musica che vende
e musica che piace.
Buona
lettura e, spero vivamente, buon ascolto cari musicofili
marinelliani!
Come
è cominciata la vostra carriera musicale? (Jacopo)
Io ho iniziato a suonare la batteria quando avevo sei anni per poi
abbandonarla a dodici anni, per suonare la chitarra e successivamente
il basso. Sono stato fin da piccolo nell’ambito musicale.
(Luca)
Io ho iniziato a suonare la batteria a nove anni ma poi l’ho
abbandonata. Ho ricominciato a suonarla una volta entrato in gruppo
con loro.
(Federico
e Lorenzo) A dodici anni noi abbiamo iniziato a suonare con i corsi
musicali alle scuole medie. Ci siamo conosciuti nel 2011 ad un master
di musica in montagna. Inizialmente ognuno aveva i propri gruppi.
Jacopo ha abbandonato il suo per suonare con Luca e Angelo, un
bassista che ora non suona più con noi. Ci siamo ritrovati due mesi
dopo in sala prove, eravamo alle prime armi.
Come
mai vi chiamate “The Yellow Traffic Light”?
Il
nome deriva da una teoria più o meno filosofica ideata da Luca.
Questa teoria afferma che di fronte ad un semaforo giallo ogni essere
umano agisce in due maniere: o attende il rosso, che simboleggia il
suo comportamento attendista, oppure accelera e quindi affronta la
vita in maniera coraggiosa e senza parecchie preoccupazioni.
Parlateci
di “Dreamless”, il vostro EP d’esordio.
Questo EP rappresenta
il periodo più shoegaze del nostro percorso. L’anno scorso
ascoltavamo quel tipo di sonorità e le abbiamo volute trasporre in
musica. Ci siamo ispirati sia ai grandi classici (My Bloody
Valentine, Slowdive, Ride) che ai gruppi neo shoegaze e
neo-psichedelici (Tame Impala, Temples, Toy, Captured Tracks). Per
quel che riguarda le tematiche dei testi, l’EP è caratterizzato
dal romanticismo inglese e tedesco, dalla pittura e anche dal mondo
del surrealismo francese. Questi mondi immaginari che noi ci creiamo,
questi paradisi artificiali in cui centra anche il decadentismo, che
è stato il seguito del romanticismo irrazionale che io definisco
“alla Edgar Allan Poe” che ha sicuramente influenzato i miei
pensieri.
“To
Fade at Dusk” ha subìto un’evoluzione stilistica dal precedente
EP?
A
dir la verità non sapremmo classificarlo. Ovviamente c’è la
maturazione dei suoni, ma quando suoniamo non pensiamo a cambiare le
cose: quello che suoniamo vien da se. Provando a confrontarlo diremmo
che è meno shoegaze ma dipende dai pezzi. Tutti i suoi brani sono
una continuazione di Dreamless ma poi troviamo “Burger Shot” che
si distacca da tutto ciò che fin’ora abbiamo prodotto: ha una
composizione diversa e si avvicina a quello che stiamo componendo ora
con i brani inediti. Ci siamo avvicinati anche all’Indie Rock anni
’90 e al Krautrock per quanto riguarda “Fall”. Stiamo cercando
altre alternative a quello che era il sound di Dreamless.
Rispetto a quest’ultimo i testi sono più studiati sia dal punto di
vista tematico che stilistico. Questa evoluzione deriva dal fatto che
da quest’anno Jacopo ha iniziato a scrivere racconti e poesie e in
musica questo risulta notevolmente.
Quali
sono le sue tematiche?
“To
Fade at Dusk” è più un lavoro sul postmoderno, su tematiche
riferenti a quel secolo di disillusione giovanile, alla crisi degli
ideali anni ottanta italiani e americani. “Cole Drive to Fast”,
che parla di questo ragazzo che guida ad altissima velocità senza
pensare ai rischi, è sicuramente un esempio. Il brano più studiato
dell’EP è “Burger Shot” che narra la storia di questo Wacko,
un personaggio da me inventato di cui Jacopo ha scritto racconti a
riguardo. E’ un afroamericano che vive a Los Angeles in un
quartiere malfamato negli anni ’90. Questo personaggio non si
riconosce nel ghetto, ovvero nei suoi compagni di quartiere e nemmeno
nell’ideale sociale dell’americano consumista e quindi sviluppa
una concezione alienante che poi lo porterà al suicidio.
Nasce
prima il testo o la base strumentale?
Solitamente
Jacopo compone una linea di basso e chitarra che viene poi suonata in
sala prove, quindi principalmente è la musica che suscita il nostro
interesse. Diciamo che sono due cose che avvengono in maniera e tempi
diversi che tendiamo a tenere separate.
Qual
è il vostro brano preferito del vostro repertorio?
(Luca) “Burger Shot” perché è quella che mi impegna e mi fa
sudare di più! (Federico) Anche secondo me “Burger Shot”.
(Lorenzo)
“Fall”, l’ultimo brano di “To Fade at Dusk”
(Jacopo) Io invece dico una di Dreamless che è “Do
it Right”
E’
critica la situazione economica per un musicista italiano?
Dipende
da cosa vuoi fare, che obbiettivi hai e che genere suoni. Se
l’interesse è apparire; oggi si ha una grande possibilità:
esistono YouTube e i talent show per mettersi in mostra in tutti i
campi e in tutti i generi. Se invece vuoi portare avanti un progetto
che sia artistico e indipendente, come facciamo noi, la storia è
diversa. Alcuni ci consigliano di andare a X Factor ma noi siamo
totalmente avversi. I talent show sono delle macchine che ti
prendono, ti fanno girare tanto e dopo poco ti lasciano per strada
perché non c’è niente di artistico sotto il voler apparire. Non
si tratta alla fine di qualcosa di reale e di concreto.
Avendo
parlato di “indipendenza musicale” che cosa ne pensate della
scena indie italiana? Noi
ci definiamo un po’ atipici in questa scena musicale poiché come
gruppo italiano abbiamo pochissimo e anche a Torino siamo gli unici
della nostra età a suonare in questo modo. Ci avviciniamo di più ad
un pubblico estero e infatti siamo entrati nella “We Were Never
Being Boring” che è una delle etichette meno italiane in
circolazione, da poco tempo non ha nemmeno base in Italia. La scena
indipendente italiana è in stato confusionale, molte etichette
italiane che si professano indipendenti (per esempio la Garrincha
Dischi) stanno diventando un fenomeno troppo commerciale. Tuttavia ci
sono delle piccole realtà che rimangono meno visibili che però
hanno molto da offrire, come ad esempio i trevigiani New Candys.
Domanda
classica, noiosa ma necessaria: progetti per il futuro?
Il
nostro obbiettivo dal punto di vista realizzativo sarebbe quello di
incidere un album e magari anticiparlo con un singolo che dovrebbe
uscire tra Febbraio e Marzo. Poi non ci dispiacerebbe vincere al
SuperEnalotto poiché avremo parecchie date in giro per l’Italia e
le trasferte sono parecchio costose.
Salutate
i liceali che hanno letto l’intervista e, se volete, lasciate loro
un messaggio.
Di
anno in anno vediamo che la qualità della musica ascoltata tra i
ragazzi si abbassa. Provate sempre a ricercare, nelle arti e nella
musica, cioè non basandovi solo su quello che vi viene detto e che
sentite essere ascoltato da molte persone: fatevi sempre delle
domande. Una ricerca continua delle cose è fondamentale, sia per la
musica che nella vita. Questo è il consiglio che possiamo darvi
anche quando cercherete di scegliere quello che farete in futuro: non
fatevi condizionare dalla massa. Questo messaggio è molto banale e
molte volte si da per scontato ma alla fine è sempre un ragionamento
che viene meno! Buona fortuna e buoni esami
ragazzi!
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