di Simone Gasparini 5^G
Il diritto, quanto meno nella sua forma
applicativa, ha sempre dovuto relazionarsi e confrontarsi con il
comportamento e la mentalità umana. Negli ultimi trent’anni
inoltre, grazie allo sviluppo delle neuroscienze e della psicologia
cognitiva, si è potuto ottenere un maggiore grado di affidabilità
ed un ampliamento delle conoscenze riguardo l’encefalo e tutti
quegli elementi della natura umana di cui non solo si interessa il
diritto ma anche la filosofia, la religione e l’economia. In questo
senso quindi, al giorno d’oggi, possiamo assistere ad un’estensione
del dialogo tra le diverse discipline con la conseguente genesi di
nuove branche al loro interno. Particolarmente significativa è
infatti la nascita, nel contesto anglosassone, della “neurolaw”
(traducibile con: “neurodiritto”). Obiettivo del neurodiritto è
quello di analizzare l’applicazione delle nuove conoscenze sul
cervello in campo giuridico sia concettualmente che tecnicamente. Le
applicazioni da un punto di vista tecnico riguardano per ora l’ambito
forense e trovano espressione nelle tecniche di “lie detection”.
Queste consistono nel confrontare quali aree cerebrali si attivano
mentre l’imputato o un testimone sta effettuando una deposizione
con quelle che di norma sono attive mentre si sta mentendo. In
particolare, viene osservata l’attività della corteccia
prefrontale dorsolaterale (impiegata per la memoria di lavoro) e di
quella cingolata anteriore (deputata alla soppressione della risposta
primaria). La visualizzazione dell’attività cerebrale è resa
possibile grazie alle tecniche di fMRI che compongono delle immagini
in cui un pixel, voxel, corrisponde ad un’area di circa 3mm²
dell’encefalo. In questo senso, due società statunitensi si sono
attivate dal 2008 per fornire consulenze giuridiche basate su
tecniche di lie detection utilizzando la fMRI. Questa tecnica,
essendo la più raffinata tra quelle di cui possiamo disporre, viene
anche sfruttata per valutare il grado di attività cosciente presente
in pazienti in stato vegetativo.
Il contributo più significativo nel
campo del diritto e della politica dato dalle neuroscienze è però
di natura concettuale e non pratica. La scoperta della plasticità
neurale infatti, ovvero della capacità dell’encefalo di cambiare
le proprie strutture e funzionalità sotto influenza di
condizionamenti esterni, sta avendo forti ripercussioni sul diritto
pubblico. Constatando quindi che il cervello si modifica in base
all'ambiente sociale in cui il soggetto vive ed alle esperienze che
questi compie, sembra opportuno domandarsi quanto l'istruzione possa
influire sugli individui, ovvero quanto i continui messaggi a cui il
soggetto è costantemente sottoposto -messaggi che possono spaziare
da quelli massmediatici a quelli politici- possano influire e
condizionare l'individuo, senza che questi se ne possa tutelare. Le
neuroscienze moderne hanno inoltre confutato la concezione kantiana
del libero arbitrio controcausale, idea secondo cui un individuo può
prendere decisioni indipendentemente da fattori esterni e
dall’esperienza, sostenendo in questo senso una visione di un
sistema giuridico di tipo consequenzialista e non retributivo. Si
tratterebbe quindi di non far scontare ad un criminale una pena
“equivalente” al danno causato, bensì di renderlo innocuo e di
reintrodurlo, successivamente, nella società.
Alla luce di
quanto esposto sembra che il diritto necessiti di una profonda
riorganizzazione, ma sarebbe fuorviante essere mossi da un eccessivo
“neuroentusiasmo”. Le neuroscienze presentano infatti ancora
diverse difficoltà sia concettuali -per ora si sta indagando infatti
il “dove” ma non il “come” dei processi mentali- che tecniche
concernenti la precisione ed il valore delle neuroimmagini.
Inoltre, considerando la funzione del diritto di garantire un
certo ordine sociale, appare chiaro come un cambiamento totale del
sistema a consequenzialista possa essere difficilmente applicata in
tempi brevi. La riflessione riguardo la connessione delle nuove
scoperte scientifiche al diritto appare quindi essere piuttosto
complessa e, sebbene le neuroscienze possano per ora gettare luce su
diverse questioni in ambito forense, la discussione in campo
teorico-concettuale appare ancora meritevole di ulteriori
approfondimenti. Alla luce di ulteriori scoperte scientifiche in un
prossimo futuro è quindi possibile ipotizzare che saranno proprio le
nostre generazioni quelle chiamate a riflettere e ad esprimersi su
questo rilevante argomento.
Commenti
Posta un commento