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Questa robotizzazione non mi fa ridere



di Linda Amaduzzi 4^H

Disegno di Chiara Lesa 4^H

Un bel giorno un mio amico mi disse che un buon tema per il mio articolo sarebbe stato un commento sulle novità di quest’anno scolastico: la “robotizzazione” della scuola e il famoso bimestre. Mi disse di dare un taglio personale e ironico, o almeno di farci un tweet divertente da poter pubblicare in ultima pagina. Allora mi sono chiesta come riuscire a dare un taglio ironico a questo tema e mi sono accorta che i cambiamenti che stanno affliggendo questa scuola non mi fanno affatto ridere. Non mi fa ridere il fatto che i miei genitori possano sapere prima di me i voti e le assenze fatte, non mi fa ridere nemmeno dover scendere a compromessi con questa realtà con espedienti del tipo “guardiamo il registro elettronico insieme” oppure “carico i voti un giorno dopo per darvi la possibilità di riferirli personalmente”. Non mi piace che questo cambiamento scomodo per tutti, se non deleterio, sia interpretato come progresso, perché nel mio vocabolario questa parola ha un'accezione positiva; se si fosse fatto un progresso non sarebbe stato necessario scendere a compromessi con i genitori e i professori per “ingannare” il sistema del registro elettronico e non ci sarebbero state tante persone così scontente (e non mi riferisco solo agli studenti, il cui malcontento è grossolanamente etichettato come: “sono tristi perché non possono più andare in marina”). Non mi fa ridere essere stata valutata in 10 materie in un mese e mezzo di scuola e non mi fa ridere nemmeno un po’ ricevere una pagella che non si chiama più pagella, ma che tutti trattano come una pagella, perché sembra troppo una pagella, con dei voti che sono la media di un voto con se stesso o di due voti presi a due giorni di distanza. Penso che non mi faccia ridere principalmente perché il ricordo di un bimestre passato con una verifica al giorno annienta del tutto qualsiasi pseudo felicità che dovrebbe derivare dalla contemplazione di questo oceano infinito che si estende da qua a giugno.

Ma la cosa che mi fa meno ridere è la nostra reazione. Termine usato impropriamente poiché la parola reazione implicherebbe che noi in qualche modo avessimo agito. Cosa che ci siamo guardati bene dal fare, subendo pressappoco in silenzio questi abusi. È vero, questo bimestre è stato ideato così furbescamente da oberarci di studio tanto da impedirci di avere il tempo di protestare, cosicché ci siamo svegliati con la pagella in mano (scherzo, intendo ovviamente la pagella sullo schermo) e ci siamo chiesti “com’è potuto accadere tutto ciò?” Ma è anche vero che le generazioni di quel passato tanto ammirate da noi, quelli di cui imitiamo i vestiti e le ideologie, non si sarebbero fatti sfuggire l’attimo. Secondo me quegli stessi personaggi che si sono guadagnati le assemblee, snobbate dalla maggior parte di noi per una bella dormita, nel momento in cui gli fosse stato presentato un progetto tale non come proposta, bensì sotto forma di decisione già presa, avrebbero trovato il tempo per dire la loro. Magari non avrebbero cambiato le cose e si sarebbero comunque sorbiti il bimestre, ma sarebbe stato più dignitoso avendoci almeno provato,

Ora, non avendo fatto nulla, sembra quasi che questi cambiamenti ci piacciano. Silenzio è assenso dopotutto. Sembra che abbiamo dato il nostro consenso (non richiesto) a queste innovazioni. E questa sarebbe la prospettiva migliore poiché se la maggior parte o tutti noi le approvassimo allora questo nostro silenzio sarebbe lecito. Ma non è difficile scoprire, come è stato fatto con un sondaggio online o semplicemente parlando in giro, che la maggior parte delle persone disapprova tutto ciò. Per questo siamo ingiustificabili.

Forse questo non è abbastanza, forse aspettiamo che diventi obbligatorio fare i compiti per casa in teleconferenza con i professori perché ci sentiamo troppo liberi, o che durante il bimestre ci siano anche i corridoi in salita per arrivare in classe per renderci la vita ancora più ricca di sfide. Forse, in questo macabro scenario, decideremo che se i nostri predecessori erano riusciti a scioperare persino per l’accensione dei riscaldamenti, potremmo farcela anche noi a dire la nostra.

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