Sappiamo
davvero che cosa c’è dietro al nostro nuovo modello di cellulare? Questa
domanda è stata posta parecchie volte, ma la risposta non è del tutto chiara.Il
nostro telefonino è il frutto del lavoro di grandi aziende, chiamate
multinazionali, che distribuiscono i loro prodotti in diversi stati di America,
Europa e Asia. La globalizzazione ha reso i gruppi multinazionali i signori del
mondo. Queste aziende miliardarie manipolano governi e istituzioni internazionali
per i propri fini e sfruttano senza pietà i paesi sottosviluppati. In questo
modo milioni di persone muoiono in guerra, affinché le grandi ditte possano
ottenere materie prime di valore. Ma
perché non si sente mai parlare di queste realtà? Ogni giorno ci sono disastri
e tragedie che sconvolgono nel silenzio paesi lontani, ma che TV e giornali non
riportano quasi mai. Una di queste riguarda la Repubblica Democratica del
Congo, uno stato dell’Africa centrale, grande quanto l’intera Europa
occidentale. Più un paese possiede materie prime, più aumenta il rischio di
sfruttamento ed il Congo è il terzo paese più ricco di risorse naturali del
mondo.
Tempo
fa, le guerre in Congo venivano combattute per i così detti “diamanti
insanguinati”, pietre preziose estratte dalle miniere africane, che venivano in
poco tempo lavorate e vendute ai paesi industrializzati, finendo presto al dito
delle donne più ricche del mondo. Tutt’oggi la realtà è cambiata: non sono le
pietre preziose la
causa delle guerre congolesi, ma un materiale totalmente diverso: il coltan.
Il prezioso coltan |
Per far funzionare i nostri
cellulari viene utilizzato il tanalio, un metallo nobile necessario alla
costruzione di alcuni componimenti elettronici di computer, telefonini e di alcuni tipi di lampadine. La maggior parte di
questo materiale si estrae da un minerale chiamato coltan
(columbo-tantalite), che si trova per l’80% nelle miniere del Congo.
Le guerre in Congo
iniziarono nel 1996 con la prima guerra di liberazione per cacciare Mobutu,
l’ex dittatore, e si sono succedute fino ad oggi per motivi economici, come il
controllo delle risorse minerarie. Questi scontri sono sempre partiti dall’est
del paese, nella ricca zona del Kivu, che confina con Rwanda, Uganda e Burundi,
paesi attraverso i quali passano le multinazionali occidentali per spogliare il
Congo dalle sue ricchezze. Le guerre sono state fomentate dalle grandi ditte, che
hanno corrotto alcuni congolesi ai vertici della politica nazionale e li hanno
indotti a creare conflitti tra frazioni diverse. Attraverso la vendita illegale
del Coltan i corrotti hanno finanziato le loro armi per continuare a
combattere e, mentre le fazioni in guerra si sparavano, rubavano il materiale, presentandosi,
infine, come pacificatori per imporre le proprie regole. Le uccisioni di massa,
le esecuzioni senza processo e gli arresti illegali erano diventati la
normalità.
La guerra in
Congo, subito dopo il secondo conflitto mondiale, può essere considerata la più
feroce mai avvenuta, conta infatti otto milioni di morti, prevalentemente civili,
tra cui donne e bambini.
I bambini, dopo
aver perso i genitori o dopo essere stati rapiti, vengono reclutati dalle
milizie o mandati a prelevare materie prime. Ricordiamo che il Coltan è un
materiale radioattivo, perché contiene una parte di uranio e viene estratto a
mani nude dai minatori congolesi e dai bambini stessi, causando numerose gravi
malattie.
Da anni
organizzazioni internazionali come l’ONU dovrebbero portare la pace nel popolo
congolese.
Circa ventimila
caschi blu si trovano in Congo da più di 10 anni, e combattono quella che viene
considerata la più grande missione di pace dell’ONU, ma che fino ad oggi ha
riportato scarsi risultati positivi: la gente continua a morire e le guerre
sembrano non trovare fine.
La formula inglese
“No
war, no job” (niente guerra, niente lavoro) funziona perfettamente;
infatti l’80% dei soldi che l’ONU ha a disposizione per migliorare le
condizioni in Congo vengono utilizzati per lo stipendio dei dipendenti e per il
pagamento di automobili e case. Gli agenti dell’ONU vengono soprannominati dai
congolesi “turisti in divisa”, perché non hanno alcun interesse che i conflitti
in Congo finiscano. La realtà è che coloro che sono a capo delle Nazioni Unite
sono molto vicini a quelli che possiedono le multinazionali di
telecomunicazione, a cui non importa che ci sia pace in Congo.
Finché ci sarà
guerra, essi ne approfitteranno per rubare i preziosi minerali del paese.
Quando parliamo di
queste ingiustizie e di guerre così lontane dalla nostra realtà ci sentiamo
impotenti e pensiamo che sia impossibile cambiare il mondo senza dei mezzi
concreti per farlo. Tuttavia, ognuno di noi, a modo suo, può contribuire a
rendere il mondo un posto migliore: l’importante è avere fiducia nei propri sogni e
desideri, informarci e informare gli altri, ed essere consapevoli delle scelte
che facciamo.
Francesca Sartori 4^F
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