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Sergio Mattarella: Matteo si rallegra

Mattarella e Napolitano durante il giuramento
“E’ un birichino!” Chi avrebbe potuto immaginare solo un paio di mesi fa che quest’eufemismo riferito al premier non fosse di Civati o di altri esponenti della scontenta minoranza democratica ma del suo alleato d’opposizione, Silvio Berlusconi? Eppure è cosi, pare che nei palazzi romani stia cambiando l’aria. L’occasione per questo decisivo cambiamento di rotta è stata l’elezione del capo dello Stato, avvenuta la prima settimana di febbraio. Un partito finalmente unito, l’appoggio del governatore pugliese ma soprattutto l’opposizione forzista divisa e confusa. Questi sono i principali risultati che l’inquilino di Palazzo Chigi è riuscito a portare a casa, confermando la sua abilità politica, degna di un Frank Underwood nella migliore delle forme. A tutto questo bisogna anche aggiungere la crescita del già notevole gradimento che il segretario del PD gode fra la popolazione, recuperando i punti percentuali persi dall’inizio di dicembre. Per quanto riguarda l’apprezzamento, anche il neopresidente della Repubblica non se la cava male, sfiorando il 70% di consensi, superando così anche il suo predecessore all’inizio del suo primo mandato. Un fatto notevole, considerato che fino alla settimana scorsa era praticamente sconosciuto al pubblico. Questo aggiunto alla notevole carriera e alla sua indiscutibile conoscenza delle istituzioni e della Costituzione, lo ha reso un candidato naturale per quella carica. Inoltre, dal punto di vista politico, il suo essere sì un democristiano ma delle correnti della sinistra cattolica, tanto da comparire nel primo governo di un ex-comunista come Massimo D’Alema, ha facilitato la sua candidatura e quindi la sua elezione.
Nel suo discorso d’insediamento, Mattarella non ha perso l’occasione per focalizzare l’attenzione sui principali problemi del nostro Paese, come la questione mafie, la corruzione, il terrorismo o temi più politici come le riforme costituzionali e la legge elettorale. Il neoinquilino del Quirinale ha vissuto il primo di questi in prima persona quando, nel 1980 Cosa Nostra uccise il fratello Piersanti, allora governatore della Sicilia, un democristiano onesto e coraggioso ucciso proprio perché onesto e coraggioso”, come dichiarò l’ex Procuratore antimafia Giancarlo Caselli. A seguito di questo tragico avvenimento, iniziò la sua carriera politica, lasciando la cattedra di Diritto Parlamentare all’Università di Palermo, entrando a Montecitorio e ricoprendo negli anni diversi incarichi di governo. Nel 2011 il Parlamento lo elesse giudice costituzionale, con i voti dell’allora PpL, incarico che ha svolto fino all’ingresso al Quirinale. Mattarella è quindi un esperto uomo politico e istituzionale, degno garante della Costituzione che difficilmente lascerà passare atti o leggi poco a piombo. Fortunatamente, a meno di sorprese, Renzi ha scelto un Presidente della Repubblica stimabile che accompagnerà il Paese in quella che si spera possa essere l’uscita dalla crisi. Così facendo si è guadagnato il controllo pressoché assoluto dell’odierna scena politica, facendo immaginare un suo governo ben oltre il 2018. Una situazione simile, anche se per alcuni aspetti profondamente diversa, a quella della fine della prima repubblica, quando l’ex Cavaliere faceva  la sua discesa in campo. Anche allora la classe politica era irrimediabilmente delegittimata e il nuovo che avanzava poté imporsi sulla scena e assicurarsi diversi anni di governo. Bisogna stare attenti a non commettere gli stessi errori: una leadership forte può far bene anche ad un partito come quello democratico se supportata da una seria squadra di governo e al patto che non si ceda all’illusione dell’immortalità politica. 

Nicola Petrucco, 4^H

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